La Nuova Sardegna

Oristano

Il Comune getta la spugna, la causa termina tra le polemiche

di Maria Antonietta Cossu
Il Comune getta la spugna, la causa termina tra le polemiche

Ula Tirso, non si andrà in Cassazione per il caso di un ex dipendente condannato dalla Corte dei Conti L’amministrazione pagherà 13mila euro, l’opposizione attacca: «Ci portò sull’orlo del dissesto»

29 novembre 2015
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ULA TIRSO. Si chiude con uno strascico di polemiche il contenzioso che ha opposto l’ente locale agli eredi di Antonio Cossu, il dipendente condannato per appropriazione indebita di denaro pubblico. Dopo la sconfitta nel secondo grado di giudizio nella causa di lavoro aperta dai familiari del funzionario successivamente alla condanna della Corte dei Conti, l’amministrazione ha optato per la conciliazione. Una scelta mal digerita dall’opposizione, che sottoporrà a sua volta il caso alla Corte dei Conti.

Per gli ex amministratori di maggioranza, che avevano ereditato una situazione al limite del dissesto finanziario, la ferita sanguina ancora. L’ex sindaco Antonello Piras e la consigliera Luigia Cossu l’hanno fatto capire prima chiedendo formalmente la revoca della delibera di giunta relativa all’atto di transazione, e poi in aula, dove ieri è scoppiata la polemica. La vicenda giudiziaria è vecchia di circa dieci anni ma è stata riesumata dalla causa civile avviata dai familiari di Antonio Cossu per ottenere dal Comune somme pregresse legate all’attività lavorativa del congiunto, deceduto nel 2005.

L’ente si era opposto esigendo nel contempo la restituzione dei tredicimila euro che gli eredi avrebbero dovuto versare in ottemperanza alla sentenza della Corte dei Conti, che per gli 83mila euro incassati illegittimamente da Antonio Cossu aveva condannato in solido anche il tesoriere di una banca (55mila euro) e il segretario comunale (15mila euro). Davanti al rifiuto, gli eredi si erano quindi rivolti al tribunale civile, che in appello ha condannato il Comune a versare i sedicimila euro richiesti.

Per evitare la Cassazione il nuovo esecutivo ha accettato di corrispondere alla controparte tredicimila euro, l’equivalente della differenza tra debito e credito, maggiorata però delle spese legali. Una soluzione contestata dall’ex sindaco: «Il comportamento del funzionario portò il Comune sull’orlo del dissesto, evitato solo attraverso un piano di risanamento che interessò tutti: i dipendenti privati dello stipendio per quattro mesi, la maggioranza rinunciò agli emolumenti per tre anni, dopodiché i sacrifici furono estesi alla popolazione con il blocco degli investimenti e l’aumento dei tributi. La nostra comunità merita rispetto da questa giunta, che non doveva siglare accordi del genere», ha sbottato Antonello Piras.

Il sindaco ha puntualizzato che la decisione non è stata presa con leggerezza, ma sulla base di pareri legali che sconsigliavano di perseverare in un contenzioso che si sarebbe protratto ancora a lungo cagionando ulteriori spese. «Il Comune avrebbe dovuto versare 25mila euro mentre la somma di 13mila concordata con la controparte assicura all’ente un risparmio apprezzabile», ha detto Ovidio Loi, rigettando l’istanza di revoca.

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