La Nuova Sardegna

Oristano

GHILARZA

Dopo l’incendio rinasce il parco di Oschini

Dopo l’incendio rinasce il parco di Oschini

GHILARZA. Una task force di volontari per ridare vita al parco di Oschini. È l’idea che sta valutando il Comune per recuperare il sito naturalistico distrutto nello spaventoso incendio che due anni...

07 gennaio 2016
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GHILARZA. Una task force di volontari per ridare vita al parco di Oschini. È l’idea che sta valutando il Comune per recuperare il sito naturalistico distrutto nello spaventoso incendio che due anni fa ridusse in cenere quasi quattromila ettari di macchia mediterranea, sugherete, lecceti e pascolo alberato. Le fiamme risparmiarono il nuraghe di Oschini, ma fecero tabula rasa del patrimonio boschivo. L’incendio che per due giorni imperversò nel versante stretto tra Paulilatino, Ghilarza, Boroneddu e Soddì oltrepassarono i muri di cinta del sito nuragico e devastarono gli olivastri monumentali ultrasecolari, circa duecento esemplari. L’amministrazione locale ha messo a punto un programma d’interventi di pulizia e di ripristino dell’area sottoponendolo all’attenzione della Soprintendenza dei Beni archeologici di Cagliari e Oristano. Nelle prossime settimane l’ente di tutela esprimerà un parere sulla fattibilità del progetto che contempla la ricostruzione dei muretti a secco, una mirata pulizia del terreno dove in questi due anni sono attecchiti i germogli e la potatura delle piante all’epoca risparmiate dalle fiamme. Un’operazione che prevede il coinvolgimento della collettività ghilarzese attraverso la collaborazione di associazioni e di gruppi di volontariato e il potenziale impiego degli informatori ambientali, i ragazzi che nei mesi scorsi si sono formati nel campo dei “lavori verdi” in seguito alla partecipazione a un corso promosso dal Centro di salute mentale dell’Asl 5. «Attendiamo che si pronunci la Soprintendenza – ha detto il sindaco Alessandro Defrassu –. A noi preme ripulire l’ area e salvaguardare le specie vegetali. È necessario risistemare i muri crollati per impedire l’accesso al bestiame e preservare così i germogli che si sono formati in questi ultimi due anni».

Maria Antonietta Cossu

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