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Convegno sugli antichi riti del Carnevale

Convegno sugli antichi riti del Carnevale

ARDAULI. Il suono prolungato del corno di bue che irrompe nella quiete del mercoledì delle Ceneri annuncia che il rito sta per compiersi. Poco dopo i guardiani accendono un fuoco, prelevano la...

09 gennaio 2016
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ARDAULI. Il suono prolungato del corno di bue che irrompe nella quiete del mercoledì delle Ceneri annuncia che il rito sta per compiersi. Poco dopo i guardiani accendono un fuoco, prelevano la vittima designata e la legano a un palo conficcato nel terreno. Sono le prime fasi dell'antico rituale del carnevale ardaulese che alcuni cultori di tradizioni popolari hanno recentemente ricostruito in una monografia. Gli esiti della ricerca saranno esposti domenica 17 gennaio alle 16 nel Salone dei pubblici spettacoli. Al convegno Su carrasegare antigu de Ardauli interverranno il sindaco Roberto Putzolu, l’artista Giuliano Marongiu, lo studioso Gigino Deidda, un rappresentante della Regione, l'antropologa Dolores Turchi e Giuseppe Secci, che ha dato l'input al lavoro d'indagine svolto dal Gruppo giovanile ardaulese, che ha ricomposto gli anelli mancanti della trama evocata nei riti dell’uccisione della vittima sacrificale e della benedizione al crepuscolo. Lo studio si è basato sulle testimonianze orali dei più anziani e su diverse fonti scritte, tra le quali un'antica poesia di Bonacata Pinna in cui veniva citata la figura dell’Urtzu. E proprio questo personaggio è l'anello di congiunzione di due rappresentazioni "che prima credevamo dissociate e che ora abbiamo motivo di pensare fossero collegate e intrecciate" afferma Giuseppe Secci, il presidente del Gruppo giovanile. L’autore della ricerca riferisce che i guardiani, i mamutzones, si disponevano in cerchio intorno all'Urtzu danzando e cantando con il modulo a tenore. Diverse le particolarità di questo cerimoniale: «La presenza di S’Urtzu durante su ballu tundu e la corona di edera e alloro sul capo, gli elementi con cui secondo la Turchi veniva rappresentato Dioniso», spiega Secci descrivendo poi l'atto finale della rappresentazione, quando la vittima veniva condotta nel rione più alto, Zuitza.

«Qualcuno ricorda che la corona veniva posata su un monolite , Su crastu mannu, dopodiché veniva impartita la benedizione con vino, olio e sale e intonati i canti del lutto, a simboleggiare forse la rigenerazione della vita».

Maria Antonietta Cossu

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