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Oristano

Inflitti 25 anni a Congiu: «È lui l’unico assassino»

di Enrico Carta
Inflitti 25 anni a Congiu: «È lui l’unico assassino»

Tre condanne in Corte d’Assise per l’uccisione dell’ambulante Antonio Murranca Stefano Murru e Lorenzo Contu responsabili solo della distruzione del cadavere

18 marzo 2016
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INVIATO A CAGLIARI. Le mani assassine sono solo quelle di Graziano Congiu. Quelle di Stefano Murru e Lorenzo Contu si sono sporcate del sangue di una persona già morta. Lo dice la Corte d’Assise di Cagliari che condanna tutti e tre gli imputati, ma due di loro li assolve dall’accusa più pesante: aver partecipato all’omicidio del commerciante ambulante Antonio Murranca. Erano invece, con quello che da ieri è l’assassino, nelle campagne di Marrubiu nel momento in cui fu dato fuoco al furgone con dentro la povera vittima di un delitto che, anche a processo di primo grado terminato, resta senza un movente.

La lettura della sentenza. Il presidente della Corte, Claudio Gatti, giudice a latere Giorgio Altieri, legge la sentenza quando l’una è passata da pochi minuti. La decisione è presa e per Graziano Congiu, allevatore di 31 anni di Ruinas, gli anni di carcere sono venticinque e sei mesi. È colpevole di omicidio, è colpevole della distruzione del cadavere. Colpevole al pari di Stefano Murru e Lorenzo Contu, gli allevatori di Pompu e Morgongiori, ma con una differenza che da domani separerà le strade dei tre amici che erano finiti in carcere a dicembre del 2014, due mesi dopo l’omicidio di Antonio Murranca avvenuto il 24 settembre 2014. Stefano Murru e Lorenzo Contu, per la Corte, sono responsabili solamente della distruzione del cadavere.

L’ultimo alibi. L’udienza di ieri era quella conclusiva. Si sapeva già che si sarebbe arrivati alla sentenza e da due settimane sul capo dei tre imputati pendeva la richiesta di condanna del pubblico ministero Paolo De Falco. Aveva sollecitato trent’anni per Graziano Congiu, ventisette per Stefano Murru e ventisei per Lorenzo Contu. Li riteneva, al pari dell’avvocato di parte civile Gianfranco Siuni, tutti e tre responsabili di entrambi i capi d’imputazione. Le difese avevano raccontato verità diverse e a due di loro, gli avvocati Carlo Figus e Michele Ibba, la Corte ha dato ragione. Non alla stessa maniera è andata per Graziano Congiu, nonostante proprio in chiusura dell’arringa, ritornando sul tema delle celle telefoniche, l’avvocato Angelo Battista Marras l’avesse collocato lontano dal luogo del delitto e da quello in cui poi era stato dato fuoco al cadavere e al furgone.

Il delitto. Di quei due luoghi da cui la difesa cercava di portare fuori l’imputato principale se ne conosce uno solo, le campagne di Marrubiu. Questo è infatti un processo in cui, oltre a mancare il movente – forse una rapina da pochi euro, forse un litigio – manca proprio la ricostruzione della scena del delitto. Ciò che resta di quel 24 settembre del 2014 sono i poveri resti carbonizzati di Antonio Murranca, ritrovati il giorno dopo. Il pomeriggio in cui fu ammazzato aveva appena fatto rientro dalla Gallura dopo alcuni giorni passati a vendere i suoi prodotti. La ricostruzione dei suoi movimenti è lineare sino al momento in cui sparisce per sempre, dopo una telefonata proprio con Graziano Congiu.

La sparizione del cadavere. Sulla scorta della sentenza, in attesa delle motivazioni, si può intuire facilmente che Lorenzo Contu e Stefano Murru entrino sulla scena del delitto solo successivamente. Fanno rientro da un pranzo a Guamaggiore, ma non sono con Graziano Congiu e Antonio Murranca all’ora del delitto. I tempi lo consentirebbero, ma sono strettissimi. Più facile immaginare che arrivino a giochi fatti e diano una mano al loro amico che gli ha chiesto aiuto per svolgere un compito per il quale ci vuole un cuore di pietra. Graziano Congiu non ha la patente, così è possibile che a guidare il furgone di Antonio Murranca sia uno degli altri due. Poi, tutti assieme, arrivano a Bia Manna nelle campagne di Marrubiu. C’è un boschetto che conoscono bene perché spesso conferiscono il latte al vicino caseificio Se.Pi. e lì parcheggiano il furgone di Antonio Murranca con dentro Antonio Murranca. Usano liquido infiammabile e poi provano a cancellare le ultime prove. Ma lì, il telefonino di Graziano Congiu cade e si accende. È la luce che si accende per la prima volta sul buio del delitto.

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