La Nuova Sardegna

Oristano

LA STORIA

Abbasanta, con le accuse fasulle del 2001 inizia l’odissea giudiziaria di Saverio De Sario

Abbasanta, con le accuse fasulle del 2001 inizia l’odissea giudiziaria di Saverio De Sario

15 aprile 2016
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ORISTANO. Del processo di primo grado resta il ricordo di un volto e di un sorriso amaro. Dava l’impressione di essere quello di un uomo che aveva appena subito un’ingiustizia, ma a volte i delinquenti veri sono bravi a fingere, a recitare un ruolo anche quando è corretta la sentenza che li manda in carcere per undici anni per aver commesso degli abusi sessuali sui propri figli e sui nipotini.

Saverio De Sario (origini pugliesi, ma per anni residente ad Abbasanta dove mette su famiglia) non fa parte della categoria di chi sa di aver varcato i confini della legge. Un minuscolo margine di dubbio deve restare in piedi per pura formalità, sino a che il nuovo processo non verrà finalmente celebrato, ma il più è già scritto nella sentenza della Corte di Cassazione. I giudici hanno infatti annullato l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma che aveva rigettato la richiesta di revisione del processo presentata dall’avvocato Massimiliano Battagliola, quindi hanno rinviato gli atti alla Corte d’Appello di Perugia per una nuova valutazione: mancano ancora le motivazioni, ma non possono essere altre se non quelle che dicono che il processo è da rifare e la sentenza da cancellare, sulla base dei nuovi elementi venuti alla luce quando la definitiva condanna era stata già pronunciata.

I figli, allora bambini, inconsapevolmente l’avevano fatto condannare. I figli, oggi ragazzi, l’hanno salvato. Saverio De Sario, che si trova in carcere da luglio e che durante il primo grado di giudizio aveva passato un anno e quattro mesi di custodia cautelare sempre dietro le sbarre, non è quindi un “delinquente”. È invece un uomo travolto da una condanna – la prima era arrivata oltre dieci anni fa – e da un’odissea giudiziaria e familiare iniziata cinque anni prima. Un’accusa, infamante e falsa, gli resterà cucita addosso per sempre e non perché non sia innocente, ma perché la lunga strada verso la verità giudiziaria, che è dietro l’angolo, è stata piena di ferite da cui nascono cicatrici che il tempo non potrà cancellare.

È il 2001 quando il mondo crolla addosso a Saverio De Sario. Finisce in carcere ed è l’unico di un’inchiesta che inizialmente coinvolge cinque persone per abusi sessuali e tre per favoreggiamento, perché avrebbero aiutato gli indagati a nascondere le prove. I suoi bambini che, pochi mesi prima si erano trasferiti a Brescia assieme alla madre dopo che il matrimonio era andato a rotoli, oggi sono ragazzi e raccontano di essere stati convinti con ogni mezzo dalla loro madre a puntare il dito contro il padre. È la madre infatti che li porta in Questura dopo un consulto con gli assistenti sociali, sempre a Brescia, dove per la prima volta vengono ascoltate le accuse pesantissime.

I reati però sarebbero stati commessi qualche tempo prima, quando la coppia e i due figli di nove e sette anni vivevano ad Abbasanta. È la procura di Oristano che deve indagare e, convinta della bontà della denuncia, dopo alcune valutazioni fatte anche da esperti di psicologia dell’infanzia, decide di chiedere le misure cautelari che vengono accordate. L’incidente probatorio è lunghissimo e, di fatto, costruisce le fondamenta per il processo. Nel frattempo arriva l’archiviazione per un imputato, poi le udienze si susseguono e il 15 novembre 2005 c’è la prima sentenza. Gli imputati sono tutti assolti tranne uno, Saverio De Sario che lascia l’aula da innocente e con un sorriso colmo di amarezza. Ha una condanna a 11 anni da scontare e la speranza in altri giudici. Ma in appello le cose non cambiano e la Cassazione chiude il caso. Ma ora la verità può finalmente emergere in tutta la sua forza e mutare quel sorriso. (e.c.)

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