La Nuova Sardegna

Oristano

Muore schiacciato da due enormi lastre

di Enrico Carta
Muore schiacciato da due enormi lastre

Il camion urta l’architrave che fa crollare parte di un prefabbricato. Perde la vita il trasportatore di Terralba Andrea Sardu

18 ottobre 2016
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ORISTANO. La vita va via, schiacciata dal lavoro di tutti i giorni. Annientata da una manovra compiuta migliaia di volte senza errori e forse sbagliata proprio ieri. La vita finisce sotto due enormi lastroni di cemento armato in un anonimo parallelepipedo prefabbricato della Zona Industriale durante un pomeriggio qualunque. È un lunedì come tanti altri per Andrea Sardu, 53 anni di Terralba, autista della Logistica Mediterranea (ex Tirso Trasporti). Sono passate le tre da pochi minuti e il turno terminerà poco più tardi. Non doveva essere lì perché la sua missione per ieri doveva essere un’altra, ma come accade quasi quotidianamente a seconda delle esigenze di lavoro, il programma viene modificato e Andrea Sardu viene inviato nella zona industriale. È dalla mattina che fa la spola col suo camion tra il porto di Santa Giusta e il capannone di via Atene che il Consorzio Industriale ha concesso in affitto appena venerdì scorso al mangimificio Serra di Nurri che vi sta accumulando sacchi di pasta di barbabietola.

Andrea Sardu risale sul mezzo dopo aver atteso che il carico di mangime venisse scaricato e riparte. Varca l’uscita del capannone, ma probabilmente il cassone ribaltabile non è ancora al livello giusto, oppure con la fiancata del suo mezzo colpisce la muratura. Comunque sia l’urto sposta l’architrave su cui poggiano due enormi lastre di cemento armato che pesano parecchi quintali. Piombano in un attimo sopra la cabina del guidatore come se fossero una ghigliottina. Ma non la tagliano in due; la comprimono riducendone le dimensioni con l’altezza che si riduce mezzo metro o anche meno. Non c’è più lo spazio vitale e infatti, probabilmente senza nemmeno accorgersi di quanto stesse accadendo, Andrea Sardu chiude gli occhi. Fermo sul sedile con accanto il casco protettivo per i lavori da svolgere a terra e la piccola borsa frigo che ogni trasportatore porta con sé.

Ci sono altri lavoratori all’interno del capannone, ma nulla ha più senso. Chiamare l’ambulanza non serve, chiedere l’intervento dei vigili del fuoco ha il solo fine di poter rimuovere tutto: le lastre del prefabbricato, il camion ridotto a un rottame, i pochi oggetti e, solo dopo tre ore, il corpo inerme. Viene portato in ospedale dove ci sono i familiari. I due figli aspettano lì, mentre in via Atene continua il lavoro di chi ora, anche di fronte alla tragedia, deve arrivare a spiegarne il perché. Le indagini sono affidate alla Polizia di Stato e l’ipotesi su cui si lavora è inevitabilmente quella di omicidio colposo. Il capannone che un tempo ospitava l’azienda Lambiasi è finito sotto sequestro assieme a tutta la merce che vi si trova all’interno e al camion della morte, ma non è detto che dietro questa tragedia ci siano responsabilità da cercare altrove. Gli inquirenti stanno raccogliendo tutti gli elementi utili e i primi finiti nelle loro mani portano nella direzione di un tragico errore commesso proprio dall’autista. Dalle prime verifiche sembra infatti assodato che l’orario di lavoro sia stato ampiamente rispettato e che le misure di sicurezza siano state adottate. Il cambio di missione non è poi una novità né è qualcosa che viola le regole. È anzi qualcosa a cui le aziende ricorrono quotidianamente senza alcun problema a seconda delle esigenze e i trasportatori sanno benissimo che questo può accadere. C’è da aspettare l’esito delle indagini, certo, ma l’ipotesi di errore umano è quella che più, in queste ore prende corpo.

Cambia poco per chi aspettava tanti giorni insieme al proprio caro, al proprio amico, al proprio collega. Per chi sapeva che l’indomani avrebbe scambiato due chiacchiere con lui o per chi poteva contare sempre sulla sua professionalità. Ora resta solo un ricordo e lo sgomento di fronte a una scena da terremoto, con il capannone squarciato come se la terra avesse tremato per far piombare la morte dall’alto su Andrea Sardu.

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