La Nuova Sardegna

Oristano

Paziente morto, quattro medici dal giudice

Paziente morto, quattro medici dal giudice

Richiesta di rinvio a giudizio per il decesso di Massimo Cenedese operato alla Casa di Cura

22 ottobre 2016
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ORISTANO. Un errore in sala operatoria e una serie di omissioni avvenute una volta che l’intervento chirurgico era terminato da diversi giorni. Per il pubblico ministero Andrea Chelo i dubbi sono diventati certezze nel momento in cui passavano i titoli di coda dell’inchiesta che porterà in tribunale quattro medici accusati di omicidio colposo. Tre di loro sono i dottori del reparto di chirurgia della Casa di cura Madonna del Rimedio, il quarto è il medico di turno al posto di guardia medica che ebbe col paziente un contatto inevitabilmente meno approfondito.

La richiesta di rinvio a giudizio, con udienza preliminare fissata per il 21 novembre di fronte al giudice Elisa Marras, riguarda il primario del reparto, Angelino Gadeddu (difeso dall’avvocato Paolo Zichi), la chirurga Monica Perra (difesa dall’avvocato Leonardo Filippi) e la dermatologa Giuliana Casula (difesa dall’avvocato Marcello Sequi). Il quarto indagato è Roberto Pisanu (difeso dall’avvocato Agostinangelo Marras), dottore in servizio alla guardia medica dove il paziente che non riusciva a riprendersi dall’intervento subìto nei giorni precedenti si recò per un ulteriore controllo.

Massimo Cenedese, 43 anni di Terralba, morì il 4 febbraio del 2015 all’ospedale di Sassari, dov’era stato trasportato d’urgenza in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Pochi giorni prima era stato operato per rimuovere un polipo nella cistifellea alla Casa di Cura di via Giotto. È un intervento di routine eppure, secondo quanto contesta l’accusa, non eseguito a dovere. Il bisturi infatti avrebbe lesionato una parte d’intestino. Quella ferita non rilevata sarebbe la causa della successiva setticemia che portò il paziente alla morte, dopo giorni di atroce sofferenza. Massimo Cenedese continuava a lamentare dolori fortissimi all’addome, ma nessun medico decise di fare gli accertamenti che avrebbe consentito di individuare il problema. Si sarebbe ritenuto invece che fosse il paziente ad esagerare nelle sue manifestazioni e richieste di assistenza, proseguite anche successivamente alle sue dimissioni dal ricovero.

Finì nel modo più tragico immaginabile e da quel momento i familiari della vittima non si sono dati pace. Assistiti dagli avvocati Luca Ferrini e Luigi Concas avevano presentato denuncia, chiesto il sequestro delle cartelle cliniche e presentato una perizia sulle cause della morte. Ora la moglie Ursula Tomasi si costituirà parte civile sin dall’udienza preliminare del 21 novembre. (e.c.)

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