La Nuova Sardegna

Oristano

Marijuana a km zero le forze dell’ordine: «È allarme sociale»

Marijuana a km zero le forze dell’ordine: «È allarme sociale»

Secondo la procura il fenomeno è sempre più diffuso Con abbattimento dei costi di produzione e di vendita

30 gennaio 2017
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ORISTANO. Venti arresti e cento denunce. Le segnalazioni alla prefettura coi nomi di coloro che assumono sostanze stupefacenti sono state poi centinaia. Sono i dati dell’attività dei carabinieri nel 2016 nell’ambito delle varie operazioni antidroga che riguardano la provincia di Oristano – vanno quindi esclusi gli ultimi avvenimenti del 2017 –. Aggiungendo gli interventi delle altre forze dell’ordine si va come minimo al raddoppio e questo non fa che confermare una tendenza sulla quale già da qualche tempo stava concentrando la propria attenzione la procura.

La vera novità, peraltro segnalata nella relazione del procuratore generale della Corte d’appello Roberto Saieva all’inaugurazione dell’anno giudiziario che è coincisa col maxi sequestro della marijuana eseguito dai carabinieri della Compagnia di Ghilarza, è che la coltivazione della cannabis si è trasformata in un business che ha avuto notevoli ripercussioni sul tessuto sociale. Il procuratore della Repubblica di Oristano Ezio Domenico Basso e il colonnello Luciano Paganuzzi, comandante provinciale dei carabinieri, hanno lanciato a distanza di pochi giorni un nuovo preoccupato allarme sulla diffusione dello stupefacente.

Quel che è cambiato anche in provincia rispetto al passato è che la coltivazione ha soppiantato l’importazione della droga con due conseguenze automatiche. La prima è la facilità di avere sempre stupefacente a disposizione, la secondo è l’abbattimento dei costi di produzione e quindi di acquisto. E non è un caso che nelle ultime operazioni, culminate anche con arresti, tra i consumatori siano stati individuati giovanissimi.

Il dato di partenza è che negli ultimi dodici mesi i sequestri di marijuana hanno superato i due quintali, segnale che il fenomeno non è più solo episodico. «Siamo di fronte a un fenomeno che genera un allarme sociale rilevante – ha spiegato il procuratore –. Dobbiamo sempre ricordarci che, in tantissimi casi, i consumatori sono i nostri ragazzi. Gli interventi culminati con gli arresti o il sequestro dei giorni scorsi che invece non ha portato in carcere i produttori si sono resi necessari perché bisognava intervenire per fermare il traffico e garantire l’ordine pubblico che altrimenti avrebbe subito conseguenze che possiamo facilmente prevedere».

Le difficoltà per gli inquirenti sono legate anche alla facilità con cui la cannabis cresce e alla parcellizzazione dei luoghi in cui viene coltivata. Non c’è bisogno di grandi estensioni di terreno. Per quanto sia impensabile che un solo coltivatore possa aver prodotto i 165 chili appena sequestrati, è altrettanto vero che in uno spazio limitato – il casolare in cui era nascosta la marijuana sequestrata venerdì si trova all’interno di un appezzamento di appena quattro ettari – si riesce a far crescere una piantagione di notevole dimensione e quindi a produrre una notevole quantità di stupefacente senza grosso investimento iniziale. Questo ovviamente complica il lavoro degli inquirenti, perché garantisce ai coltivatori la possibilità di produrre senza dare troppo nell’occhio. E se il fenomeno sembrava inizialmente limitato alle zone del Nuorese e in particolare all’Ogliastra, gli ultimi interventi lasciano intendere che il business ha trovato ampia diffusione anche all’interno dei confini della provincia.

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