La Nuova Sardegna

Oristano

Opere idrauliche, appello alla Regione: «Attenuare i vincoli»

di Alessandro Farina
Opere idrauliche, appello alla Regione: «Attenuare i vincoli»

Secondo il Comune di Bosa le norme sono troppo restrittive «Così si mette a rischio lo sviluppo economico della città»

22 febbraio 2017
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BOSA. Fare del “contratto di fiume” il nuovo strumento operativo che, integrando e coordinando i piani già esistenti, affronti le problematiche urbane ambientali e territoriali di Bosa e produca in tempi brevi risultati concreti sul fronte della mitigazione del rischio idrogeologico.

È questo l’obiettivo, per ora un’ipotesi, della maggioranza di “Bosa cominciamo il domani” sul delicato tema dei vincoli che gravano pesantemente sull’area urbana, all’indomani della missiva inviata dal sindaco alla Regione lo scorso 16 febbraio.

Con quella lettera si chiedeva alla Regione di istituire in città un “tavolo di concertazione” dove tutti gli attori, politici e tecnici, possano discutere e prendere decisioni indirizzate a mitigare gli effetti dei vincoli idrogeologici, tenendo conto delle ragioni di sicurezza e tutela dei cittadini, che tutti comprendono, per evitare le esondazioni del Temo.

Questi vincoli, imposti dalla Regione di fatto hanno per ingessato qualsiasi possibilità di programmazione e sviluppo economico in città e soprattutto nel suo cuore urbanistico, in attesa che si realizzino le necessarie opere. Un piano corposo, aperto dalla realizzazione della diga frangiflutto di massi alla foce del Temo, che però non basta, è emerso più volte negli incontri pubblici del passato, a risolvere la situazione.

Per la Regione occorre infatti realizzare anche, i finanziamenti già ci sono, argini in terra a monte ed a valle del ponte in trachite; proseguire la costruzione delle spallette nel tratto del Lungotemo Amendola e, ma su questo punto i mal di pancia non si contano, elevare la spalletta di fronte alle conce di quasi un metro.

Opere che comunque non smuovono gran che il massimo rischio previsto per Bosa, e quindi non abbattono i vincoli imposti dal Piano di assetto idrogeologico e dal Piano stralcio delle fasce fluviali. Mentre perno del discorso, per gli addetti ai lavori, è il collaudo della diga di Monte Crispu: che dovrà avere una reale funzione di laminazione delle ondate di piena, cioè permettere il graduale rilascio delle acque a valle in caso di piogge eccezionali.

Questo a grandi linee il quadro della situazione, in una città attraversata da un profondo stato di malessere economico e sociale, malgrado le innegabili potenzialità di sviluppo turistico, da decenni l'indirizzo, a cui legare il rilancio di artigianato, agricoltura, pesca, produzioni tipiche.

Per molti frenato proprio da norme che per ora non permettono ad esempio di adeguare un Puc ormai trentennale alle nuove sfide, a partire da quelle imposte dal mercato internazionale delle vacanze.

Senza contare ricadute minori ma non meno impattanti sui cittadini: come il vedersi negare anche un semplice cambio di destinazione d’uso di un immobile.

Per iniziare, occorre «mettere in sicurezza il territorio senza negare alla città le sue naturali possibilità di sviluppo e definire regole comportamentali che permettano un uso attivo dei territori sottoposti a vincolo e ottenere un riconoscimento formale del miglioramento delle condizioni di sicurezza raggiunte in relazione agli interventi già effettuati e da effettuare, che hanno comportato e comporteranno un notevole sacrificio in termini paesaggistici e di consumo del suolo e di risorse economiche».

Questi i punti all'ordine del giorno dei lavori di una assemblea che il sindaco vuole convocare al più presto, per fare in modo che dalla Regione possano arrivare messaggi positivi sulla riduzione dei vincoli.

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