La Nuova Sardegna

Oristano

Dubbi e poche risposte sulla sicurezza del Temo

di Alessandro Farina
Dubbi e poche risposte sulla sicurezza del Temo

Bosa, assemblea sul progetto che dovrebbe ridurre i rischi idrogeologici «Un primo stralcio: necessario comunque il collaudo della diga di Monte Crispu»

16 marzo 2017
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BOSA. L’assemblea pubblica indetta dall'amministrazione lunedì pomeriggio nell'aula consiliare è stata l'occasione per fare il punto della situazione sullo stato dell’arte dei progetti che riguardano area rurale e urbana nel tratto del Temo dalla diga di Monte Crispu alla foce. Una fetta di territorio il cui sviluppo è condizionato dai rigidi vincoli imposti dal Piano di assetto idrogeologico e dal Piano stralcio delle fasce fluviali e che, a quanto pare, così resterà per un bel pezzo di storia futura. Moderatore il sindaco Luigi Mastino, la relazione è stata svolta due professionisti della società Vams ingegneria. Al centro dell’attenzione un progetto che prevede la realizzazione delle opere necessarie, secondo la Regione, a salvaguardare vite umana e beni. In platea un nutrito gruppo di tecnici e cittadini, che ha sollevato più di un dubbio.

In particolare i relatori si sono soffermati sui progetti per i quali è previsto un finanziamento da quasi 6 milioni, che presto dovrebbe diventare definitivo dopo le correzioni apportate negli ultimi mesi. «Le somme a disposizione permettono di realizzare opere di mitigazione per un tempo di ritorno, rispetto ad eventi ordinari e straordinari in alcuni casi, pari o inferiore ai 50 anni». Ma ci sono due ostacoli. Innanzitutto questo discorso è valido a una condizione: che la diga di Monte Crispu sia «pienamente operativa» e collaudata. Inoltre «il Pai chiede 200 anni di ritorno per la complessiva rimodulazione del rischio idraulico nella città di Bosa».

Il percorso ipotizzato va considerato quindi come «un primo stralcio funzionale». Da qui i dubbi principali sollevati dalla platea. «Ciò significa che se anche la diga è funzionante e si realizzano queste opere i livelli di rischio restano invariati?», ha chiesto l’architetto Guglielmo Macchiavello. «Ci siamo posti il problema di elaborare scenari considerando un abbassamento del letto del fiume conseguente ad un necessario dragaggio? Perché non esiste un sistema di allerta per Bosa, visto il massimo rischio previsto in quest’area?», ha aggiunto l’ingegner Alessandro Naitana. Secondo altri interventi «Queste opere sono un pericolo, da tempo Bosa non ha più inondazioni, occorre trovare nuove soluzioni meno impattanti».

«La nostra amministrazione si sta impegnando su più ambiti irrisolti - ha detto il sindaco Mastino -: la diga, le opere di difesa idraulica, di cui discutiamo oggi; il Contratto di fiume, che permetterebbe di risolvere almeno alcuni aspetti nella mitigazione dei vincoli; il sistema di allerta della popolazione, chiedendo alla Regione di rimodulare l'attuale zona Logudoro prevedendone una che faccia capo alla intera valle del Temo».

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