La Nuova Sardegna

Oristano

Doddore Meloni trasferito a Uta 

di Francesco G. Pinna
Doddore Meloni trasferito a Uta 

L’indipendentista spostato nel centro medico del carcere all’insaputa del legale

01 giugno 2017
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ORISTANO. È giallo sulle condizioni fisiche di Doddore Meloni. Ieri mattina, al 34esimo giorno di sciopero della fame e della sete nel carcere di Massama dove è detenuto dal 28 aprile scorso per scontare alcune condanne passate in giudicato, è stato trasferito in gran segreto al Centro clinico del carcere di Uta. Il suo avvocato, Cristina Puddu, lo ha scoperto solo al rientro da Cagliari dove si era recata per depositare la richiesta di scarcerazione indirizzata al giudice di sorveglianza. È andata in carcere per il colloquio e non l'ha trovato. Le hanno detto che era stato “tradotto”, ossia trasferito, ma senza rivelare dove, né a lei né ai suoi familiari. Solo intorno alle 17 le è stato comunicato che le condizioni di Doddore si erano aggravate e per questo motivo era scattato il trasferimento. «Non in un ospedale, come chiediamo ormai da diversi giorni, ma nel Centro clinico del carcere di Uta, in mezzo al niente della zona industriale di Macchiareddu» ha commentato l'avvocato Puddu sul suo profilo Facebook. Più tardi, con una nota stampa, l'avvocato Puddu, ha rincarato la dose definendo la decisione di trasferimento al carcere di Uta «del tutto insufficiente e rischiosa rispetto alla speciale condizione di Meloni». Una decisione, ha ribadito, «finalizzata esclusivamente a fiaccarne la volontà personale e politica, sempre determinata a proseguire lo sciopero della fame e della sete». «Più volte – ha accusato il legale –, la struttura carceraria di Uta e in particolare proprio la sezione medica è stata, fino agli ultimi mesi, al centro di denunce per l'inadeguatezza del servizio offerto a causa delle carenze di organico, di presidii farmacologici, nonché della continuità terapeutica indispensabili a garantire il rispetto del diritto alla salute dei cittadini privati della libertà». Che le condizioni fisiche di Meloni fossero ormai tanto critiche da mettere forse a rischio la sua stessa sopravvivenza, lo si era capito già lunedì scorso. Alle 12 Meloni doveva comparire davanti al tribunale per la ennesima udienza di uno dei tanti processi avviati a suo carico.. In piazza Aldo Moro, davanti all'ingresso del Palazzo di Gisutizia, lo attendevano la moglie Giovanna e la figlia Francesca con un nutrito gruppo di militanti del movimento indipendentista Meris, di cui Meloni è fondatore e presidente, di altri indipendentisti e anche di semplici cittadini preoccupati per la sua sorte. Attesa vana, come quella degli stessi giudici, informati solo intorno alle 13 che le condizioni fisiche di Meloni non ne consentivano la traduzione in Tribunale neanche facendo ricorso alla barella, come era successo a Brescia il 15 maggio scorso.
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