La Nuova Sardegna

Oristano

Bosa, è scontro in aula sui lavori a Capu d’Aspu

di Enrico Carta
Bosa, è scontro in aula sui lavori a Capu d’Aspu

I consulenti si dividono: per l’accusa l’opera non era ancora conclusa La difesa ribatte: errate le misurazioni che hanno portato alle imputazioni

20 luglio 2017
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BOSA. Era facile da prevedere così com’è facile prevedere che ci sarà un temporale quando le nubi scure si addensano sul cielo. Tra i consulenti di accusa e difesa per il processo sui lavori alla diga foranea sul Temo a Capu d’Aspu, è arrivato il momento dello scontro. Tutto in modo molto garbato e tecnico, ma i pareri degli uni e degli altri non collimano. Finiscono naturalmente nel gran calderone del procedimento che va avanti spedito di fronte ai giudici del collegio Carla Altieri, Elisa Marras e Maurizio Lubrano, chiamati a giudicare una serie di reati e di imputati.

Al centro di tutto c’è l’appalto da 12 milioni che modificò lo sbarramento naturale alla foce del Temo e le quote batimetriche del fondale della zona. Secondo il pubblico ministero Armando Mammone quei lavori non furono conclusi, contrariamente a quanto certificò la commissione di collaudo. Per questo sono sotto processo accusati di truffa i componenti della stessa commissione, gli ingegneri Tonino Manca, Piero Dau e Antonello Garau; l’ingegnere Salvatore Bisanti, responsabile dell’impresa Research che si aggiudicò i lavori, e l’ingegenere cagliaritano Paolo Gaviano che dei lavori era direttore.

Altri tipi di reati legati alla gestione amministrativa del procedimento vengono invece contestato all’ex sindaco Piero Casula, alla dipendente comunale Rita Motzo e al geometra Luciano Baldino che fu responsabile del procedimento. L’udienza ha solo fatto registrare le diverse letture sullo stato dei lavori da parte dei vari consulenti. Gianni De Falco che affiancava il pubblico ministero e l’amministrazione che si è costituita parte civile ed è rappresentata dall’avvocato Antonio Falchi, ha spiegato come i lavori furono dichiarati conclusi quando ancora non era stata raggiunta in maniera uniforme la profondità di fondale di quattro metri, ritenuta quella minima per cancellare i problemi collegati al mancato deflusso delle acque del Temo.

Lo stesso consulente ha contestato la strumentazione utilizzata dalla commissione di collaudo per stabilire la profondità del fondale. Tutti i consulenti della difesa, affidata agli avvocati Gianfranco Siuni, Roberto Dau, Franco Luigi Satta, Guido Manca Bitti, Speranza Benenati, Walter Pani e Franco Pani, hanno invece ritenuto la misurazione con lo scandaglio a mano molto più attendibile rispetto quella con effettuata con strumenti più moderni. E pur tenendo conto di ovvi margini di errore legati alle difficoltà delle misurazioni in mare, i tecnici Lorrai, Ritossa e Torchia hanno invece ritenuto valide le misurazioni a campione che certificavano la bontà dei lavori.

Si torna in aula il 14 settembre.

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