La Nuova Sardegna

Oristano

Peschereccio andò a fuoco guai per la Porto di Bosa

di Enrico Carta
Peschereccio andò a fuoco guai per la Porto di Bosa

La società che gestiva il porticciolo non garantì il funzionamento dell’antincendio Armatori chiedono i danni, amministratore sotto accusa per incendio colposo

12 settembre 2017
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BOSA. Scoppia un rogo, ma l’impianto antincendio non funziona. Non è un’ipotesi, ma un caso realmente accaduto per cui adesso la Porto di Bosa, gestore del porticciolo sul Lungotemo, si ritrova due volte in tribunale. Da una parte c’è in piedi una causa civile per un risarcimento da 200mila euro, dall’altra c’è un processo penale che vede sul banco degli imputati Gianfranco Argiolas amministratore della società.

Bisogna fare un salto al novembre del 2014 per trovare l’origine di questa doppia vicenda processuale. Nelle primissime ore del mattino un incendio di origine dolosa mandò in cenere il motopeschereccio Alba di Ernesto Paglicci. Il responsabile non fu mai trovato, sebbene vi fossero dei sospetti e si legò la vicenda a degli screzi tra pescatori. Da quell’episodio nacque però il secondo, quello per cui è in piedi il doppio procedimento. Mentre l’armatore del motopeschereccio Alba chiede alla Porto di Bosa il risarcimento dei danni nella causa civile, l’amministratore della società che gestiva il porticciolo si ritrova sotto accusa anche sul versante penale. Il pubblico ministero Armando Mammone gli contesta il reato di incendio colposo. Il motivo è legato al fatto che il sistema antincendio non funzionò e questo impedì agli addetti di spegnere le fiamme che poi si estesero ad altre due imbarcazioni ormeggiate vicino al motopeschereccio.

Questo accadde, com’è stato riferito anche dai testimoni che hanno deposto di fronte al giudice monocratico Elisa Marras, perché nel momento in cui veniva azionato il sistema, saltava la corrente elettrica. Il contratto di fornitura stipulato dalla Porto di Bosa reggeva una potenza di quindici chilowatt, per cui la contemporanea accensione delle luci di illuminazione e del sistema antincendio generava un black out. Questo avrebbe ritardato di diversi minuti le operazioni di spegnimento che si poterono avviare solo con l’arrivo dei vigili del fuoco. A quel punto però le imbarcazioni avevano già subito i danni.

Al processo che proseguirà il 15 gennaio Riccardo Del Piano, il proprietario di una delle due altre barche colpite dall’incendio oltre al motopeschereccio Alba, si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Riccardo Uda. Per ora non si è entrati nel merito delle responsabilità, ma l’udienza è servita per ricostruire i contorni della vicenda. Nella prossima saranno chiamati a deporre i testimoni della difesa citati dall’avvocato Fabio Diomedi.

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