La Nuova Sardegna

Oristano

Lavori a Capu d’Aspu, regole rispettate. Parole dell’esperto

di Simonetta Selloni
Lavori a Capu d’Aspu, regole rispettate. Parole dell’esperto

Bosa, udienza-chiave al processo sulle presunte irregolarità. Lo stop all’opera della Procura sarebbe stato immotivato

18 ottobre 2017
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ORISTANO. Tutto corretto, la procedura rispettata, nell’iter sulla variante in corso d’opera per concludere i lavori di costruzione della diga foranea del Temo e di dragaggio del fondale alla foce del fiume. Lo ha spiegato ieri in tribunale a Oristano il professor Arturo Cancrini, docente di Legislazione Opere Pubbliche nella Facoltà di ingegneria dell'Università di Tor Vergata a Roma, tra gli estensori del regolamento della legge Marloni. Cancrini ha partecipato in qualità di consulente della difesa, chiamato dall’avvocato Guido Manca Bitti che al processo per le presunte irregolarità nell’esecuzione dei lavori della diga di Capu d’Aspu difende il geometra Luciano Baldino, responsabile del procedimento per conto del Comune di Bosa, ma anche l’impiegata comunale Mariangela Motzo. Con loro, sono imputati anche l’ex sindaco di Bosa, Pierfranco Casula, i componenti della commissione di collaudo dell’opera, gli ingegneri Tonino Manca di Sedilo, Piero Dau e Antonello Garau di Oristano, il responsabile dell’impresa esecutrice dei lavori, la Research, ingegnere Salvatore Bisanti di Napoli, e l’ingegenere cagliaritano Paolo Gaviano. Gli altri difensori sono gli avvocati Gianfranco Siuni, Franco Luigi Satta, Roberto Dau, Speranza Benenati, mentre il Comune di Bosa si è costituito parte civile con l’avvocato Antonio Falchi e chiede un risarcimento di 15 milioni di euro.

Indubbiamente, la deposizione del professor Cancrini ha dato una spallata alle tesi dell’accusa contro Baldino, imputato di peculato, corruzione, truffa. Sulla prima accusa, peculato, in riferimento all’accordo bonario proposto all’impresa sulle cifre per le riserve, l’esperto ha ricordato che Baldino intanto nominò una commissione consultiva pur non essendo obbligato a farlo (la legge lo impone qualora le riserve superino i 10 milioni di euro, qui si parlava di cifre di gran lunga inferiori). Non solo: si comportò nell’unico modo possibile, perseguendo la strada auspicata dalla norma, finalizzata a evitare un contenzioso, mettendo sull’avviso l’amministrazione di tutti gli elementi di valutazione. Ancora, per quanto riguarda l’accusa di corruzione legata alla variante in corso d’opera necessaria per le difformità nei lavori individuate dalla commissione di collaudo, anche queste, dopo la consulenza, sembrano perdere di consistenza. La variante era necessaria: i lavori avrebbero dovuto portare le quote del fondale da uno a quattro metri, ma in qualche parte dell’area interessata (appena il 3 per cento), non si era raggiunta. L’impresa si era detta disponibile a compiere i lavori, a fronte di un importo di 14 milioni il residuo mancante era di poco più di 400mila euro. Lo stesso Baldino aveva chiesto l’autorizzazione alla Capitaneria di porto, che nel frattempo era rientrata in possesso delle aree e aveva però chiesto integrazioni documentali. Il collaudo era datato 20 giugno2012, nell’attesa dei documenti integrativi la Capitaneria aveva, inviato gli atti alla Procura, che a settembre notificò gli avvisi di garanzia e mise sotto sequestro quel – poco – che restava dei lavori. Si sarebbero potuti e dovuti fare, quei lavori, perché l’iter, ha detto il super esperto, era corretto. La Procura di Oristano non la vedeva così. Prossime udienze il 23 e 28 novembre.

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