La Nuova Sardegna

Oristano

Il granchio blu americano nello stagno di Cabras

di Michela Cuccu
Il granchio blu americano nello stagno di Cabras

L’esemplare molto aggressivo è stato segnalato da alcuni pescatori Preoccupazioni per possibili ripercussioni sull’habitat lagunare e marino

22 novembre 2017
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CABRAS. Gli alieni non necessariamente arrivano dallo spazio. Ce ne sono alcuni che provengono dall’altra parte di questa Terra, ma che magari sono minacciosi e potenzialmente portatori di guai. Come i granchi, ad esempio. O certi granchi, quantomeno. Da tenere d’occhio è quello trovato a fine ottobre nello stagno di Cabras da alcuni pescatori che stavano lavorando nello specchio d’acqua gestito dal Nuovo Consorzio Cooperative Pontis. Il granchio “alieno”, dalle dimensioni e dal colore insoliti, ha richiamato l’attenzione dei pescatori che ne hanno segnalato la presenza ai biologi del gruppo di Ecologia marina e conservazione del Cnr di Torregrande.

«L’esemplare – spiegano gli esperti del Cnr –, catturato accidentalmente con i bertovelli e consegnato ai ricercatori è stato successivamente identificato come appartenente alla specie Callinectes sapidus, noto come granchio blu americano». Si tratta del primo avvistamento scientificamente confermato di questo granchio nelle acque della Sardegna. «È una specie aliena e invasiva che dall’Atlantico è stata introdotta in Mediterraneo probabilmente in maniera accidentale, ad esempio con acque di sentina delle navi, e si è insediata lungo tutte le coste del bacino orientale per poi diffondersi e colonizzare anche quello occidentale, seppur con densità inferiori», proseguono i ricercatori del Cnr.

La prima segnalazione nel Mar Mediterraneo è stata fatta nella laguna di Venezia nel 1949, quindi si parla di tanto tempo fa e in questi 68 anni mai si è arrivati alla fase di emergenza. Eppure la specie raggiunge grandi dimensioni ed è molto aggressiva: «Proprio per questi aspetti si adatta facilmente ai nostri ambienti a discapito di altre specie locali, provocando seri danni agli habitat marini e costieri».

I tecnici del Centro Nazionale per le Ricerche con sede a Torregrande consigliano quindi di «monitorare la presenza di questa specie e la diffusione, soprattutto nelle aree protette, e lo stato di salute delle comunità nelle quali si è insediata. La collaborazione dei pescatori professionisti e ricreativi sarà fondamentale per continuare ad avere informazioni sulla distribuzione delle specie aliene e sugli impatti provocati alle risorse locali».

Che l’habitat stia cambiando non è una novità, semmai il problema resta quello di capire quanto sia in grado di sopportare le novità. Il mutamento del clima ha attirato numerose specie di pesci nel Mediterraneo, un tempo poco gradito alle specie abituate a vivere in acque più tiepide. Ma non è solo dal cambiamento del clima che arrivano i pericoli per le specie autoctone, minacciate anche dai traffici sempre più facili attraverso i quali non è infrequente il trasporto di nuovi esemplari faunistici e di specie vegetali.

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