La Nuova Sardegna

Oristano

Microspia, due sindaci vogliono la verità

di Enrico Carta
Microspia, due sindaci vogliono la verità

Andrea Lutzu ha presentato una denuncia in questura dopo aver scoperto la “cimice” in una presa del suo ufficio

14 dicembre 2017
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ORISTANO. Non era un apparecchietto che si compra su internet o nel banchetto di un venditore di marchingegni tecnologici in un mercatino dell’usato. Chi, in seguito alla denuncia di Andrea Lutzu, ha esaminato la microspia ritrovata il 15 novembre nell’ufficio del sindaco a palazzo Campus Colonna ha capito benissimo che non poteva essere stata piazzata dal primo che passava in una stanza in cui quadri e mobili d’epoca convivono con i computer. Pur non scartando tutte le altre ipotesi che restano ancora vive, vien da pensare che a installare la “cimice” in una presa per la corrente sia stato qualcuno che era autorizzato a farlo. Quindi, autorizzato a intercettare.

L’ombra di un’inchiesta. Allora, nel giorno in cui la notizia diventa di pubblico dominio grazie all’articolo della Nuova, l’attenzione sul fatto che nella stanza del primo cittadino ci fosse una microspia si sposta immediatamente su un altro e non secondario aspetto: se non è stata messa da un uomo qualunque, versione che sembra trovare riscontri tra gli inquirenti, significa che da quelle parti sono passate le forze dell’ordine. È ipotizzabile che possano aver agito di propria iniziativa? È l’interrogativo che si pongono in tanti per il quale tutti hanno una sola risposta. Così ragionando, vien da pensare che la “cimice” dovesse svelare i dettagli di qualche azione amministrativa che poteva sfociare nell’illegalità che fosse collegata al sottobosco in cui politica e affari si intrecciano non sempre in maniera limpida.

Lutzu o Tendas? Procedendo sulla strada del ragionamento, il dubbio successivo riguarda la persona da intercettare. La microspia era in grado di captare qualsiasi conversazione avvenisse nella stanza occupata da decenni dai sindaci. Impensabile far risalire il posizionamento dell’apparecchietto ai tempi della giunta Nonnis, perché il modello appare più moderno rispetto a quelli utilizzati sino al 2011 e perché chi ha smontato la presa per riparare il guasto ha capito che si trattava di un congegno che era lì da non troppo tempo. Qualche mese, forse un anno. Non molto più indietro coi giorni. Questo porta direttamente a ridurre il campo a tre sole ipotesi: a essere nel mirino potevano essere o Andrea Lutzu o Guido Tendas o, ancora, una terza persona che, magari già sotto inchiesta, dovesse incontrare il sindaco. Certo è che, considerando il tempo (breve) da cui Lutzu è in carica, vien da pensare che l’obiettivo potesse essere Tendas che, se così fosse, uscirebbe a testa alta dalla vicenda dal momento che l’eventuale indagine non avrebbe rilevato atteggiamenti poco onesti.

Le reazioni. «Non appena l’elettricista ha smontato la presa e ci siamo accorti della microspia – spiega Andrea Lutzu – siamo andati in questura a denunciare il fatto. Non ero preoccupato perché non avevo scheletri da nascondere nell’armadio. Volevo invece capire come mi dovevo comportare». Dopo la denuncia, spiega il sindaco che la Digos e la Scientifica hanno compiuto un’ispezione e verificato che non vi fosse la presenza di altre microspie o di segni che potessero far pensare al fatto che qualcuno avesse forzato le porte e potesse aver avuto accesso alla stanza. Nessun indizio in tal senso, anche se lo stesso Lutzu precisa: «Nell’ufficio hanno accesso tante persone, ma è lampante che per installare una cosa del genere non ci vogliono trenta secondi. In quattro mesi qualcuno ha sentito tutto quello che dicevo e anche se a essere intercettato fosse stato Guido Tendas sarebbe un fatto gravissimo che la microspia sia rimasta qui in questi primi mesi di nuova amministrazione». Da quanto era attiva e per quanto tempo lo sarebbe rimasta ancora pur non più in presenza di stringenti necessità d’indagine? Sono risposte che mancano e per ora ci si ferma ai commenti. È laconico quello di Guido Tendas: «Non avevo alcunché da nascondere e il fatto che non ci siano state azioni nei miei confronti dice che ho amministrato non certo per interesse personale. Ho fatto tutti i giorni il mio dovere con onestà. Non pensavo davvero che potessi essere intercettato». Magari è proprio quel che è accaduto.

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