La Nuova Sardegna

Oristano

Parrocchie di Oristano, conti in ordine e più controlli sui beni

di Giuseppe Centore
Monsignor Ignazio Sanna
Monsignor Ignazio Sanna

Decreto di Capodanno dell’Arcivescovo Ignazio Sanna. La prossima settimana saranno definite anche le sanzioni per i sacerdoti trasgressori

16 gennaio 2018
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ORISTANO. Con i soldi e i beni della Chiesa, almeno a Oristano, sarà vietato scherzare o almeno assumere comportamenti poco rispettosi dell’Istituzione.

I parroci poco attenti alle regole, dal punto di vista economico-finanziario, nella Diocesi hanno infatti le ore contate. Con un decreto promulgato il primo dell’anno l’Arcivescovo Ignazio Sanna ha voluto «ribadire e disporre le norme che devono essere osservate con leale spirito di servizio, nella consapevolezza che il sacerdote è chiamato ad amministrare, con piena responsabilità i beni della Chiesa».

Si tratta di un documento articolato in dodici capitoli che ridisegna competenze e obblighi finanziari per tutti i sacerdoti titolari di parrocchie, a cui presto seguirà un ulteriore documento dove saranno indicate le sanzioni per ciascuna inadempienza.

Il testo non è stato ancora ufficialmente inviato a tutte le parrocchie, e per questo motivo non si esclude che possano esserci dei ritocchi, che comunque, non riguarderanno il cuore del provvedimento: responsabilizzare il sacerdote e obbligarlo a prestare la massima attenzione anche ai problemi della cassa, oltre che delle anime. Non sono conosciute le ragioni che hanno spinto l’Arcivescovo a redigere il documento, ma non è da escludersi che nel passato, soprattutto da parte di sacerdoti poco usi a far di conto e a destreggiarsi tra beni mobili e immobili, tra bonifici e visure, siano stati assunti comportamenti poco ortodossi. Da qui la stretta, come, del resto, da diritto canonico.

L’arcivescovo, ricorda i capitoli del diritto canonico che regolano l’attività, non solo pastorale del parroco. «È il legale rappresentante della parrocchia e ne è l’amministratore unico. Subito dopo la presa in possesso della nuova Parrocchia il parroco (e l’amministratore parrocchiale) devono andare in Prefettura e in banca per far variare la legale rappresentanza della parrocchia». Il ruolo di parroco non si espleta solo con la cura delle anime dei fedeli, ma anche con la cura dei conti e così «in quanto amministratore il parroco deve prestare giuramento davanti all’ordinario diocesano, impegnandosi a svolgere onestamente e fedelmente le funzioni amministrative». L’arcivescovo ricorda subito un punto focale del diritto canonico, che forse non sempre viene applicato: «il consiglio parrocchiale per gli affari economici, (composto anche da laici di provata fede e fiducia, ndr) deve esistere obbligatoriamente in ogni parrocchia».

Tra i compiti del consiglio anche il controllo della cassa parrocchiale con apposito registro delle voci di entrata e uscita. Dal conto si salvano le offerte per il sacerdote, ma solo quelle raccolte nella Messa. Se il parroco dovrà avere un dettagliato registro di cassa, rigide sono le disposizioni per quanto riguarda i depositi, che vanno «esclusivamente intestati alla Parrocchia con la denominazione corretta, e non al parroco come persona fisica, o a singoli fedeli o al Vicario». Conti in ordine, con l’obbligo di un rendiconto annuale da presentare entro marzo, anche per poter contribuire, obbligatoriamente, alle necessità diocesane.

Attenzione ai conti, ma anche i beni. Il parroco infatti dovrà verificare che i beni in carico al suo ufficio non vadano distrutti, «e deve provvedere alla conservazione del patrimonio con adeguate e aggiornate coperture amministrative».

L’autonomia di spesa è naturalmente limitate alle piccole somme e solo per l’ordinaria amministrazione. Tutto ciò che eccede l’ordinario e i 5mila euro va autorizzato dall’ordinario diocesano, che come da canone, effettuerà periodiche verifiche amministrative.

In pratica, il parroco può ricevere solo un certo tipo di offerte, non ha proprietà né della casa canonica né della chiesa parrocchiale; se ha necessità di una colf, la paga dai suoi introiti. Infine si ricordano gli articoli del codice civile per il testamento dei parroco. Un terzo va agli ascendenti, il resto è disponibile, «per cui il sacerdote può disporne a favore di chi vuole, compreso il seminario, la parrocchia, la diocesi».

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