La Nuova Sardegna

Oristano

Ecco la scuola “dal basso” Progetto del Parte Montis

di Simonetta Selloni
Ecco la scuola “dal basso” Progetto del Parte Montis

Mogoro, i sei Comuni dell’Unione hanno elaborato un nuovo concetto di sviluppo Architettura al servizio dell’istruzione, gli istituti fulcro del rilancio

22 gennaio 2018
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MOGORO. La cultura è quel che può rendere possibile l’impossibile o comunque la base sulla quale tradurre in realtà il futuribile. Lo sta dimostrando Nuoro, che sulla proposta culturale come chiave di sviluppo ha puntato nella competizione per titolo di Capitale della cultura italiana. La stessa sfida, è in un certo senso quella proposta dai sei comuni dell’Unione del Parte Montis: sei piccole realtà con un centro capofila più grande, Mogoro con i suoi 4300 abitanti e gli altri cinque, Masullas, Gonnostramatza, Pompu, Simala e Siris, che insieme a malapena raggiungono quel numero. «Può apparire forse utopistico e immaginifico che una piccola Unione dei Comuni come è quella del Parte Montis si ponga l’obiettivo, ambizioso e complesso, di incidere sul progresso, sulla nascita e sullo sviluppo della sua comunità, puntando anche e soprattutto sulla istruzione e sulla conoscenza. Vogliamo che il nostro patrimonio paesaggistico, ambientale, archeologico, artigianale e culturale, diventino la materia prima di un economia basata sulla conoscenza e sull’istruzione». Lo dice Sandro Broccia, il sindaco del Comune capofila, Mogoro, per spiegare questa “rivoluzione culturale” che parte dalle scuole. Il progetto ha due capisaldi: il primo è la rinuncia al campanilismo, visto che i sei Comuni si riconoscono sotto un unico municipio e tutti i paesi ne diventano le borgate; l’altro è il ribaltamento dell’idea di scuola, un concetto pedagogico che prevede una interazione tra istituti e architettura. Non c’è l’edificio al quale la scuola si adatta, ma il contrario: l’architettura ascolta i bisogni della scuola in tutte le sue componenti, e vi si adatta. L ’Unione Parte Montis, l’unica finanziata per 3 milioni e 900mila euro dalla Regione con il progetto Iscol@, ha chiamato esperti come la pedagogista Beate Weyland, professore aggregato di didattica presso la Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano, e l’architetto Paolo Bellenzier. Questo nuovo modello di scuola è già oggetto di studio nelle Università. Gli abitanti, i bambini, gli insegnanti hanno contribuito a disegnare un modello aperto agli allievi, ai cittadini e al territorio, secondo una “piramide virtuosa” di ripartizione delle ore: una didattica aperta in tutto il percorso (scuola dell’infanzia, elementare e media) con il 50% delle attività in aula/sezione; 30% in laboratorio; 20% delle attività all’esterno (giardino, cortile, aule all’aperto, sul territorio). Entro febbraio i progetti cantierabili. Poi, un anno e mezzo per realizzarli. Il concorso di progettazione per gli interventi strutturali è stato già affidato a un raggruppamento di professionisti. I fondi ci sono, c’è la profonda volontà di rendere concreta questa utopistica e immaginifica rivoluzione culturale.

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