La Nuova Sardegna

Oristano

Giovane travolto da un treno «Non si suicidò, rifate l’inchiesta»

di Enrico Carta
Giovane travolto da un treno «Non si suicidò, rifate l’inchiesta»

Santa Giusta, i genitori di Nicola Bussu chiedono la riapertura delle indagini sulla morte del figlio Il ragazzo fu colpito da un convoglio il 30 marzo scorso. Una perizia smonta la ricostruzione ufficiale

06 febbraio 2018
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SANTA GIUSTA. La disperazione, nascosta per tanti minuti, ricompare nel momento in cui Rita Salis dice: «Mio figlio non è andato lì per ammazzarsi. Quel giorno c’è stato un incidente o comunque qualcosa di diverso da un suicidio». A parlare è la mamma di Nicola Bussu, il giovane di 23 anni di Santa Giusta, morto travolto da un treno che viaggiava verso Oristano il 30 marzo dell’anno scorso. Dietro quelle parole non c’è solo la voglia non rassegnarsi. C’è invece la convinzione che sia accaduto qualcosa di molto diverso dalla versione ufficiale raccontata dall’inchiesta della Polizia ferroviaria e chiusa in un amen dalla procura.

Riaprite l’inchiesta. A pochi mesi dalla tragedia l’avvocato Samantha Baglieri, che tutela il padre Giuseppe Bussu e sua moglie Rita Salis, ha presentato una richiesta di riapertura dell’inchiesta. Lo fa sulla base di una super perizia affidata all’ingegnere Michele Troili, docente di Ingegneria aerospaziale all’università di Genova. In quelle pagine vengono uniti elementi di cinetica, formule fisiche, nozioni di anatomia, riscontri sugli strumenti tecnici presenti nel treno e persino stranezze o inadempienze di chi, su più versanti, si è occupato dell’indagine. Sommati, tutti questi elementi portano a un’unica conclusione: quel giorno non ci fu un suicidio, ma più probabilmente un incidente dovuto forse a una o più distrazioni contemporanee.

La ricostruzione. I punti che vengono portati all’attenzione della procura chiamata a riaprire il caso sono diversi. Naturalmente si parte dall’impatto del giovane Nicola contro il treno. Stando alla ricostruzione ufficiale e alle dichiarazioni – peraltro non del tutto coincidenti – del capotreno e del secondo macchinista, il ragazzo sarebbe stato urtato dalla locomotiva di testa. In quel punto però non c’è alcun segno che confermi che ci sia stato urto né vi sono tracce biologiche che confermino questa versione. Se poi ci fosse stato un urto con la parte anteriore del convoglio con un corpo che arrivava lateralmente – lo confermano i macchinisti che il ragazzo non fosse sui binari ma di fianco – quel corpo sarebbe stato respinto lateralmente. Invece il corpo di Nicola Bussu rimane quasi sulle rotaie. Le tracce ematiche e biologiche ci sono, ma sono nel secondo vagone e allora sorge il primo legittimo dubbio: davvero una persona che vuole suicidarsi non cerca l’impatto col locomotore, ma si infila tra il primo e il secondo vagone?

I rostri antineve. L’esame della seconda carrozza rivela poi un particolare che le indagini non avevano rilevato. In essa sono presenti dei «rostri antineve», così li definisce il perito. Questi elementi, che tra l’altro non dovevano essere installati e utilizzati, sporgono rispetto alla sagoma del treno. Un pedone che, per sbadataggine o distrazione, si fosse trovato a una distanza troppo ravvicinata rispetto ad esso poteva quindi essere agganciato e trascinato. Ovviamente nessuno doveva oltrepassare le recinzioni della ferrovia, il problema è che queste recinzioni in alcuni punti erano assenti da tempo e che molte persone di Santa Giusta avevano la pessima abitudine di fidarsi e attraversare i binari senza utilizzare il cavalcavia o passando nelle zone in cui l’attraversamento è consentito. Lo stesso potrebbe aver fatto Nicola Bussu.

Nessun test sui macchinisti. Succede un incidente e uno degli accertamenti a cui viene data la priorità è quello di esaminare chi guida il veicolo per accertarne la condizione psicofisica. Non è questo il caso, perché nessuno si premurò, come fa notare l’avvocato Samantha Baglieri, di effettuare l’alcol test e il narco test sui due macchinisti presenti sul treno. E nessuna verifica viene fatta sui telefonini per capire se il capotreno o il macchinista fossero eventualmente distratti mentre guidavano il convoglio.

La salma nascosta. Le indagini durano pochissimo. Già dopo due ore il magistrato dà il via libera per la sepoltura e alle otto dell’indomani mattina la bara è sigillata senza che i genitori, un parente o un amico abbia potuto vedere le condizioni del corpo di Nicola Bussu. Ai genitori viene detto che il cadavere è dilaniato e che non reggerebbero a una visione eccessiva, solo che gli allegati fotografici della perizia dimostrano il contrario. Il ragazzo ha un enorme squarcio nell’addome, ma il resto della salma non presenta particolari lesioni. È il segnale che non è stato colpito dalle ruote né da una carrozza per intero? Serve una risposta, la vogliono due genitori.

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