La Nuova Sardegna

Oristano

Casa come prigione disabile bosano in cerca di dignità

di Alessandro Farina
Casa come prigione disabile bosano in cerca di dignità

Antonio Maria, tetraplegico, è alimentato con un sondino La sua abitazione non ha l’ascensore: vita da recluso

17 marzo 2018
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BOSA. Antonio Maria ha oggi ventuno anni, ma non può lasciare la sua casa neanche semplicemente per una visita medica o una passeggiata all'aria aperta, costretto su una sedia a rotelle fin dalla tenera età per i danni provocati da una meningite. I genitori, Antonietta Abbenanto e il marito Giovanni Tanda, che lo accudiscono con amore, non ce la fanno più a trasportarlo di peso dall’appartamento al primo piano fino in strada. Servirebbe un ascensore, che però costa venticinquemila euro, la spesa che la famiglia non può permettersi.

La mamma lancia così un appello ad enti e associazioni, sperando in un aiuto che possa risolvere la situazione. «Io e mio marito Giovanni ci siamo conosciuti in Germania, dove ci siamo sposati e siamo rimasti a lavorare per venticinque anni. Mio figlio Antonio Maria è nato in Sardegna, eravamo qui in ferie, nel 1997. Un bambino sano, fino a quando non lo abbiamo fatto visitare perché aveva un dolore all’orecchio. Una meningite, purtroppo la diagnosi, che lo ha costretto all’immobilità», racconta Antonietta Abbenanto. La famiglia Tanda torna in Germania, dove i genitori del ragazzo continuano a lavorare per diversi anni. Dodici anni fa, per varie ragioni, il ritorno in Sardegna, a Bosa.

Due rampe di scale separano però l’appartamento al primo piano della loro casa di via Gallura fino alla strada, il percorso obbligato che diventa un ostacolo sempre più insormontabile.

«Mio figlio ormai è grande e pesante, per trasportarlo mio marito, che ha 56 anni, deve prenderlo in braccio: un’operazione sempre più complicata e pericolosa», spiega la signora Antonietta. Così le uscite da casa si fanno sempre più rare.

«Da mesi non possiamo lasciare l’appartamento, ci abbiamo passato tutta l’estate. Ci vorrebbe un ascensore per potersi spostare e raggiungere la strada, ma il preventivo per costruirlo ammonta a 25.000 euro. Io e mio marito siamo disoccupati, certo non ci manca niente perché facciamo tanti sacrifici, ma questa spesa proprio non la possiamo affrontare», racconta sconsolata Antonietta. «È una situazione difficile, insostenibile. Nostro figlio ha necessità di visite mediche periodiche, come di momenti all’aria aperta, anche semplicemente di una giornata al mare, e invece siamo costretti a stare a casa», aggiunge con amarezza. Antonio Maria è tetraplegico, non parla, è parzialmente non udente, viene alimentato attraverso un sondino collegato all’apparato digerente, ha necessità di assistenza ventiquattro ore su ventiquattro. I genitori hanno chiesto aiuto al comune, si sono rivolti anche al vescovo a cui hanno scritto una lettera, ma finora per l’ascensore non si trova soluzione. «Magari un’associazione o un ente può aiutarci, sostenerci, anche attraverso una sottoscrizione», l’appello ora da Bosa. Una nuova sfida, per dare un po’ di libertà ad Antonio Maria ed alla sua famiglia.

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