La Nuova Sardegna

Oristano

Sciopero della fame per il figlio

di Enrico Carta
Sciopero della fame per il figlio

Santa Giusta, ragazzo morto sotto il treno. «La procura mi dica se riaprirà l’inchiesta su Nicola»

01 maggio 2018
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SANTA GIUSTA. Rita Salis inizia lo sciopero della fame. La madre di Nicola Bussu, il ragazzo morto dopo essere stato travolto da un treno nel marzo dell’anno scorso, sceglie una via estrema per avere dalla magistratura quella risposta che attende da febbraio. «Da qualche giorno mi alimento solo con una tazza di latte – dice – e sono disposta ad andare sino alla fine se la procura non mi dirà che fine ha fatto la nostra richiesta di riaprire il caso della morte di mio figlio». Rita Salis voleva anche incatenarsi al muretto di recinzione della ferrovia nel luogo in cui era stato travolto Nicola Bussu dal convoglio che arrivava da Cagliari, poi ha scelto una protesta meno visibile, ma altrettanto pungente. Forse anche più drastica.

La morte del figlio era stata archiviata in brevissimo tempo come il classico caso di suicidio. La madre assieme al marito Giuseppe non si era mai arresa di fronte a questa ricostruzione e così qualche mese più tardi aveva fatto effettuare una perizia. All’esito di questi accertamenti e dei nuovi elementi emersi, l’avvocato Samantha Baglieri aveva chiesto la riapertura dell’inchiesta: troppi i dubbi non chiariti dalla prima indagine. Da febbraio però, dalla procura, nessuna risposta è arrivata alla famiglia.

Qualche settimana fa Rita Salis aveva lanciato attraverso la stampa e i social network il suo primo appello. Adesso ci riprova sollevando il livello della sua protesta: «Vorrei almeno sapere se la nostra richiesta è stata presa in considerazione, vorrei almeno sapere se qualcuno in questi due mesi e mezzo ha preso in mano il fascicolo. A me non è consentito parlare direttamente con la procura, non ho altro modo di farmi sentire se non con queste parole e con le mie azioni. Ditemi voi cosa deve fare una madre per avere la verità sulla morte del proprio figlio».

Sicuramente Rita Salis e il marito Giuseppe non sono comunque soli. Dopo la partecipata fiaccolata di qualche giorno fa, a Santa Giusta è stata avviata anche una raccolta di firme che ha come obiettivo proprio quello di smuovere le acque e ottenere dalla procura almeno una risposta, positiva o negativa che sia. Domenica prossima, in occasione della sfilata dei carri durante la festa patronale, ci sarà modo di ricordare Nicola Bussu e di proseguire con la raccolta di firme.

Intanto il tempo scorre e a luglio scadranno i termini perché il caso possa essere riaperto. La perizia affidata dai familiari al professor Michele Troili, docente di Ingegneria aerospaziale all’università di Genova. È stato lui a individuare una serie di incongruenze rispetto a quanto indicato nelle carte del pubblico ministero che poi avevano portato all’archiviazione del caso come suicidio. Sulla base di quegli elementi, nei familiari di Nicola Bussu si è fatta strada in maniera sempre più vigorosa la sensazione che la versione ufficiale non sia quella corretta. Rita Salis è sempre più convinta che il 30 marzo del 2017, lungo la ferrovia, non ci sia stato un suicidio bensì un incidente. Magari a causa di un’imprudenza del ragazzo, ma un incidente è qualcosa di molto diverso da un suicidio.

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