La Nuova Sardegna

Oristano

Maiorca svelata dagli archeosub

di Enrico Carta
Maiorca svelata dagli archeosub

Gli studiosi dell’Università di Oristano impegnati negli scavi nei porti antichi della colonia romana

06 agosto 2018
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ORISTANO. Sulle tracce degli antichi camminano i contemporanei. Da Oristano volano a Maiorca, ma non è la classica storia della cosiddetta e non per forza negativa “fuga dei cervelli”. Le specialità dell’università oristanese faranno presto rientro in patria e nella borsa da viaggio non avranno più solo gli indumenti dell’andata, ma anche un pacco di informazioni in più frutto delle loro ricerche nell’isola dell’arcipelago delle Baleari, quelle dei 65 milioni di vacanzieri che fanno invidia a qualsiasi gigante del turismo. Ma non è di business che si parla, bensì di quel che l’antichità ci ha lasciato in dono e in questo caso sono le rovine dell’antica città di Pollentia, che si credeva fondata nel 123 avanti Cristo da Quinto Cecilio Metello detto “il balearico” proprio per il trionfo riportato sulle popolazioni dell’arcipelago. In realtà il sito romano, come hanno dimostrato le ultime ricerche ha un’origine più recente probabilmente nel 70 avanti Cristo.

È lì, in mezzo alle pietre del passato e al caldo attualissimo, che l’équipe oristanese della scuola di specializzazione in Beni Archeologici ha compiuto un altro passo della sua missione che l’ha già vista impegnata più volte in Tunisia a nella ricerca di Neapolis d’Africa a Capo Bon. La scuola si chiama Nesiotikà e il nome è ben più di un’indicazione del compito che svolge. A finanziare la spedizione è stato il Consorzio Uno, gestore dell’università oristanese, che ha consentito alle archeologhe della scuola di specializzazione internazionale Luciana Tocco e Adriana Scarpa, e gli studenti Brais Davila Martinez (Spagna), Giovanna Dedola (Sardegna), Leila Moshfegh Monazah (Iran), accompagnati dall’archeologo Raimondo Zucca di unirsi all’équipe internazionale con studiosi catalani, francesi, portoghesi, tedeschi e persino statunitensi.

Le ricerche ultime a cui hanno partecipato gli studiosi oristanesi sono state utilissime per riordinare i materiali dello scavo archeologico. Sono stati lavati, disegnati e fotografati e lo studio ha evidenziato materiali assegnabili a momenti anteriori alla fase della fondazione della colonia, che mostrano una comunità indigena aperta allo scambio internazionale da secoli grazie ai due porti. I porti antichi sono stati individuati con le prime indagini geofisiche di Gaetano Ranieri dell’Università di Cagliari, ampliate recentemente e confermate da saggi di scavo che hanno. Le immagini aeree con i droni offrono letture avanzate della topografia della colonia. Intanto si è potuto individuare, tra i materiali dello scavo, un frammento di anfora di tradizione punica, ma di età romana repubblicana, della fine del II secolo avanti Cristo, prodotta nelle officine ceramiche dell’Oristanese di Tharros o Othoca.

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