La Nuova Sardegna

Oristano

La solidarietà è veramente di casa

di Michela Cuccu

L’associazione di volontariato Domus gestisce un centro di accoglienza per dodici ospiti

05 ottobre 2018
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ORISTANO. Non chiude mai, nemmeno la notte di Natale o a Ferragosto.

Da quattro anni, senza interruzioni, ogni sera, alle 20, 12 uomini dimenticati dalla fortuna, suonano al citofono della casa all’angolo fra le vie Sassari e Palmas.

Troveranno un letto con lenzuola pulite sul quale dormire, potranno farsi una doccia e poi cenare e al mattino, dopo la colazione, con un panino imbottito in tasca, lasceranno quel rifugio, dove ritorneranno, la sera.

«I più fortunati andranno al lavoro, altri cercheranno di ingannare la solitudine nei bar o nelle piazze; altri ancora andranno all’Informacittà” per leggere i quotidiani, altri in biblioteca per immergere occhi e pensieri in una buona lettura».

Luisanna Usai, presidente dell’associazione di volontariato “Domus” racconta la vita quotidiana degli ospiti della“Casa d’accoglienza Domus”, che in città tutti chiamano “il dormitorio”.

Struttura, realizzata dal Plus dove il Comune è capofila, ma gestita dai volontari: sono una quarantina coloro che che assicurano per tutti i giorni dell’anno tre turni di presenza indispensabili per tenere aperto il dormitorio e gestirlo e curarlo come avviene in tutte le case. Lo fanno gratis, spinti e uniti dalla volontà di non lasciare soli i più sfortunati.

Luisanna Usai, insegnante di italiano e latino nei licei, attualmente in pensione, è probabilmente una delle donne del volontariato oristanese più conosciute in città.

«Da anni assieme ad altri volontari avevamo posto alle istituzioni la necessità di dotare Oristano di una struttura come questa, destinata a persone con una vita difficile, che per mille motivi non hanno più una casa. Ci hanno ascoltato, ma concretizzare il progetto non è stato semplicissimo», dice Usai che spiega come inizialmente “Domus Oristano” fosse nata come coordinamento di associazioni volontarie che si erano unite per assicurare la gestione del dormitorio. Il Consorzio successivamente si è sciolto, trasformandosi in associazione semplice.

«Il primo e più grande ostacolo è stato trovare un proprietario disposto ad affittarci i locali. Quando sentivano parlare di dormitorio, anche i meglio disposti si tiravano indietro – racconta Usai – e stavamo quasi per perdere la fiducia, quando abbiamo saputo che si erano appena liberato l’edificio che ospitava una struttura per minori; abbiamo contattato i proprietari che ci ha fatto il contratto».

La “Casa di Accoglienza” non è grandissima: dodici sono i posti letto per gli ospiti più due per i volontari che fanno il turno di notte. Ci sono bagno e lavanderia e una cucina dove si preparano le colazioni e vengono consumata la cena, che è sempre “fredda” perché nel dormitorio non si può cucinare.

«Però riusciamo a servire un pasto completo: c’è anche la frutta – prosegue la presidente – e il fornaio dove acquistiamo il pane, tutti i giorni ce ne regala la metà. Qui non si spreca nulla, come deve essere in ogni famiglia».

Anche arredare la casa è stato possibile grazie alla generosità di cittadini ed enti e non di rado, arrivano delle persone a donare i detersivi per il bucato e le pulizie.

«Avremmo preferito avere più spazio, ad esempio, ci manca una sala dove gli ospiti possano intrattenersi prima di andare a dormire (mai oltre le 22,30, quando, come nei collegi, si spengono le luci e l’ordine è quello del silenzio assoluto, (n.d.c.), in ogni caso, questa struttura rappresenta un grande passo in avanti per la città».

Gli ospiti del dormitorio sono per lo più italiani, età compresa fra 40 e 70 anni, raramente più giovani. Quasi tutti hanno avuto un passato migliore. «Perdere la casa è più semplice di quanto si possa immaginare. Purtroppo manca ancora una struttura per le donne – conclude Luisanna Usai – speriamo che nasca presto».

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