La Nuova Sardegna

Oristano

Delitto del lago, volevano uccidere anche la madre di Manuel Careddu

Enrico Carta
Le ricerche di Manuel Careddu (a sinistra). A destra, dall'alto: Matteo Satta, Christian Fodde e Riccardo Carta
Le ricerche di Manuel Careddu (a sinistra). A destra, dall'alto: Matteo Satta, Christian Fodde e Riccardo Carta

Nell’ordinanza sull’omicidio del 18enne di Macomer i dettagli del piano criminale della baby gang. Intercettazioni choc: i killer ipotizzavano l’eliminazione della donna che aveva fatto i loro nomi

16 ottobre 2018
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GHILARZA. Semmai fosse servita, c’era una pallottola pronta per Fabiola Baraldi, la mamma di Manuel Careddu. Qualche giorno dopo il delitto del lago, Christian Fodde dialoga con il minorenne C.N. e con la fidanzatina G.C. – è acclarato anche il rapporto sentimentale tra i due –. I loro argomenti riguardano spesso l’omicidio e non potrebbe essere altrimenti. «Spariamo alla madre». La microspia dentro la macchina carpisce queste parole: «La prossima volta che mi va a denunciare le stampo un proiettile in testa».

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Non c’è un’indicazione della persona a cui si riferisce, perché i dialoghi sono quelli con lo stile tipico di giovani che non lasciano spazio a pensieri articolati, ma viaggiano più sul botta e risposta. Si intuisce che il riferimento sia proprio alla signora che allora cercava il figlio con la speranza che fosse vivo. Fabiola sapeva. Quella è una frase rivelatrice, da sezionare ed esaminare attentamente perché spiega anche altre cose, in particolare una che troverà conferma in un antefatto: la mamma di Manuel sapeva, praticamente da subito, chi era stato. E mentre fa i nomi alla polizia, che per prima era stata interessata dell’inchiesta solo per cercare una persona scomparsa, non è un caso che Fabiola Balardi si rechi, per ben due volte, sulle rive dell’Omodeo a cercare qualcosa che la porti sulla strada del figlio che da giorni non si fa sentire. Che avesse capito tutto e che qualcuno l’avesse ben indirizzata non è più solo un dubbio. È certezza.

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