La Nuova Sardegna

Oristano

Spaccio a scuola: «Arrestare il minore non è la soluzione»

di Enrico Carta
Spaccio a scuola: «Arrestare il minore non è la soluzione»

Parla uno dei docenti dell’alunno fermato nei giorni scorsi «Un anello debole, bisogna bloccare i grossi spacciatori»

05 novembre 2018
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ORISTANO. Minorenne, problematico, seguito dai servizi sociali. E fragile, molto fragile. Non è affatto l’identikit di un pusher ragazzino: è invece il ritratto di un adolescente in difficoltà e non certo abbandonato a se stesso dalla famiglia dalla scuola e dalle istituzioni. Il secondo arresto in poche settimane per uno spaccio di droga all’interno delle scuole – il primo era stato nel cortile del liceo classico, stavolta ci si è spostati di qualche metro in quella terra di confine tra lo stesso liceo e l’istituto tecnico Mossa che ospita anche classi dell’Alberghiero don Deodato Meloni – fa scattare ancora una volta una serie di interrogativi.

Il mese scorso era stato il dirigente del De Castro, Pino Tilocca, ad affermare che la repressione coi cani antidroga direttamente nei cortili delle scuole è l’ultima delle armi da usare. Anzi, non è proprio un’arma, ma è l’arrendersi di fronte al tentativo di educare. Stavolta è il professor Marco Piras, docente dell’istituto in cui studia il sedicenne arrestato per aver ceduto della marijuana a un compagno coetaneo, a prendere posizione e a chiedersi: «Le forze dell’ordine fermano i minorenni e continuano ad agire per bloccare la piccola distribuzione, ma da dove questi ragazzi prendono la droga? Chi gliela vende? A loro volta questi ragazzi la cedono ai compagni per avere i soldi per poter poi acquistare qualche canna. Il meccanismo lo conosciamo tutti da tempo».

Quel che è successo all’istituto Meloni, dove si studia nei corsi professionali ad indirizzo alberghiero e per servizi sociali, ha poi un altro aspetto da non sottovalutare: di fronte non c’è un ragazzo qualunque e magari trascurato dalla scuola e poco seguito in famiglia. «Le attenzioni verso il ragazzo sono state molteplici e da parte di varie istituzioni oltre che della famiglia che per prima ha segnalato il problema – prosegue il professore Marco Piras –. È ovviamente un ragazzo con problemi particolari. Può apparire aggressivo, in realtà soffre di un disturbo che gli procura un altissimo grado di fragilità. E allora mi chiedo se sia con l’arresto di un minorenne che si risolve il problema».

E infatti subito dopo il docente sposta l’attenzione su ciò che ritiene il fulcro del problema ovvero la presenza di maggiorenni attorno ai gruppetti di minorenni: «Il minorenne in casi come questo è l’elemento più fragile di tutta la situazione, il classico anello debole. La scuola e prima ancora la famiglia hanno offerto la loro collaborazione, ora ci si aspetta che le forze dell’ordine individuino l’origine dello spaccio perché è fermando i grossi spacciatori che si risolve il problema dello spaccio e del consumo tra minorenni».

La soluzione dell’arresto, tramutata in questo caso in affidamento a un istituto minorile, non viene quindi vista positivamente. «Può solo peggiorare un equilibrio psicologico già molto delicato – conclude Marco Piras –. Non mi voglio però soffermare solo su quest’ultimo caso. Mi domando davvero se abbia senso mandare un adolescente in carcere per un reato simile, mentre i grossi spacciatori proseguono la loro attività spesso ai margini delle scuole, se non addirittura all’interno dei cortili delle scuole stesse».

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