sos dell’ordine professionale
Consulenti del lavoro: “outsourcing”, rischio per le imprese
di Simonetta Selloni
ORISTANO. L’Ordine dei consulenti del lavoro lancia l’allarme riguardo alcune società di consulenza, cosiddette di “Outsourcing”, che si propongono per la gestione dell’amministrazione del personale...
11 novembre 2018
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ORISTANO. L’Ordine dei consulenti del lavoro lancia l’allarme riguardo alcune società di consulenza, cosiddette di “Outsourcing”, che si propongono per la gestione dell’amministrazione del personale alle aziende che ricorrono all’esternalizzazione del personale. Quello che sta accadendo – secondo le segnalazioni arrivate all’Ordine – riguarda soprattutto aziende che hanno lavoratori dipendenti. La loro assunzione viene demandate a queste società che utilizzano un contratto di “appalto” di servizi nella stragrande maggioranza dei casi fittizio, basato su una politica di risparmio che bypassa l’applicazione del contratto di lavoro nazionale. In pratica si promette all’azienda un risparmio anche del 15 per cento sul costo del lavoro, ma lo si fa attraverso contratti di lavoro di “secondo livello” o aziendale, contenenti accordi o retribuzioni non conformi alla contrattazione collettiva nazionale e non certificati nella regolarità dagli organi di controllo. Questa situazione è stata segnalata anche all’Ispettorato nazionale del lavoro, e esaminata in un incontro che si è svolto nei giorni scorsi con il dirigente, Eugenio Annichiarico, capo dell’Ispettorato territoriale del lavoro per Oristano e Cagliari e del Nucleo ispettivo di controllo.
I rischi dell’affidarsi a queste società non autorizzate dal Ministero sono diversi: il lavoratore si troverebbe a subire il “dumping”, ossia l’applicazione di forme di ribasso delle tabelle contributive non conformi: uno sfruttamento del lavoro e una lesione dei diritti. L’azienda utilzzatrice opererebbe nella irregolarità se non illegittimità, che coinvolgerebbe anche l’impresa.
I rischi dell’affidarsi a queste società non autorizzate dal Ministero sono diversi: il lavoratore si troverebbe a subire il “dumping”, ossia l’applicazione di forme di ribasso delle tabelle contributive non conformi: uno sfruttamento del lavoro e una lesione dei diritti. L’azienda utilzzatrice opererebbe nella irregolarità se non illegittimità, che coinvolgerebbe anche l’impresa.