La Nuova Sardegna

Oristano

«Godetevi la vita, non le droghe»

«Godetevi la vita, non le droghe»

Ghilarza, l’accorato messaggio di Giorgia Benusiglio agli studenti 

18 novembre 2018
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GHILARZA. «A diciassette anni ho fatto la cavolata più grande della mia vita. Prima di ribaltare gli occhi ed entrare in coma ho detto a mia madre che volevo tornare indietro, ma indietro non si torna». Giorgia Benusiglio va subito al sodo quando racconta come e quando è cominciata la personale battaglia contro le droghe. Da dodici anni la giovane educatrice di Milano gira l’Italia per informare i ragazzi sui rischi legati al consumo delle sostanza stupefacenti. Lo fa usando un linguaggio diretto; mai un eufemismo, mai una perifrasi per dire che cedere alla tentazione anche una sola volta può essere fatale. È capitato a lei, un'adolescente senza particolari problemi cresciuta in una famiglia normale, e può succedere a chiunque. «È bastato assumere mezza pasticca di ecstasy perché mi pentissi per tutta la vita di quella scelta. Sono stata l'artefice della mia disfatta». Le parole di Giorgia non lasciano indifferenti. Non i giovani, gli adulti e i bambini accorsi numerosi all'auditorium del liceo scientifico per ascoltare la sua storia e il messaggio che emerge da quella discesa agli inferi e ritorno. Un incubo causato dall’ecstasy tagliata con piombo e topicida. Quel veleno ha mandato in necrosi il fegato: una condanna a morte da cui si è sottratta solo grazie al trapianto d’organo. Durante l'incontro organizzato dai Comuni di Ghilarza e Abbasanta e dalla Cgd di Terralba, Giorgia ripercorre il suo calvario rievocando ogni momento. Non ha paura di mettersi a nudo, e con lo stesso linguaggio, qualche ora prima, si è rivolta agli studenti dell'istituto Mariano IV. «A loro ho raccomandato di non farsi. Ho semplicemente chiesto di pensare a me se un giorno qualcuno proponesse loro di provare della droga. Ho chiesto se, cadendo nel mio stesso errore, sarebbero in grado di affrontare tutto quello che ha comportato nel mio caso: il coma, il trapianto, un mese e mezzo di terapia intensiva, la costante paura di morire, la riabilitazione e il rischio di malattie al quale espone la terapia con gli immunosoppressori, come il tumore insorto tre anni dopo il trapianto».

Giorgia Benusiglio sta organizzando una campagna di sensibilizzazione attraverso la realizzazione di un film ispirato alla sua vicenda e i flash mob degli studenti nelle sale in cui sarà proiettato. «Naturale o sintetica la droga è subdola e trasversale, e genera violenza. È necessario che se ne parli senza aspettare che ci scappi il morto – ammonisce Giorgia – per evitare di piangere un'altra Desirée e un altro Manuel».(mac)



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