La Nuova Sardegna

Oristano

Mario e la sua voglia di vivere

di Eleonora Caddeo
Mario e la sua voglia di vivere

Non vedente dal 1974: con i suoi cani ha passato mezzo secolo di gioie, successi e un grande dolore

02 dicembre 2018
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CABRAS. Si chiamano Lola, Laica, Zima, Anca, Kelly, Patty e Euclide. Sono pastori belgi, tedeschi e due labrador.

Da quarantaquattro anni, dal marzo del 1974, sono loro gli occhi di Mario Brandas, ipovedente alla nascita e diventato non vedente all'età di ventidue anni, dal 2003 atleta agonista nel nuoto in acque libere, triathlon e acquathlon.

Settantun’anni, nato a Carbonia e arrivato ad Oristano nel 1975, grazie al lavoro da centralinista in banca, sposato per trentun'anni e mezzo con Maria Concetta Trifoglio, scomparsa nel 2016. Con lei, la sua ragione di vita, Mario ha condiviso una vita fatta di piccole e grandi difficoltà, dolori dell'anima e gioie immense, come quella di incontrare Papa Giovanni Paolo II nel 1986.

Una vita che Mario racconta non senza qualche lacrima, seduto nel salotto della villetta all'ingresso di Cabras, dove si respira ancora, tra quadri, foto e dettagli casalinghi femminili, la simbiosi che per oltre trent'anni ha condiviso con la moglie.

«Ero in prima elementare – racconta – il maestro non si accorse delle mie difficoltà nel vedere, mi mise all'ultimo banco, come si fa con i bambini difficili, quando mi chiedeva di leggere non riuscivo, fui bocciato».

L'anno seguente, un nuovo maestro si accorse delle difficoltà, e da lì, nonostante gli occhiali spessi, iniziò un percorso scolastico tortuoso, sino alla seconda liceo, quando abbandonò la scuola per cercare l'indipendenza attraverso il lavoro, senza rimanere nell'attività di famiglia. A ventidue anni, dopo una domanda per invalidità rifiutata perché doveva essere presentata come cieco, iniziò a Firenze, in una scuola preparatoria, quella che Mario descrive come «l'avventura da non vedente».

Una seconda vita, dove il bambino impaurito dalla menomazione fisica, lascia spazio ad un giovane uomo che si lascia guidare da tre grandi forze motrici: volontà, amicizia, e voglia di libertà.

La grande volontà è stata ed è tutt'ora la miccia che ha innescato il riscatto, con cui per esempio ha preso un diploma da centralinista studiando dalle registrazioni, perché «non conoscevo il braille».

Una forza trasmessa nel quotidiano attraverso il passo fidato dei suoi cani guida. «Con Lola (il primo dei sette avuti, ndr) – dice commosso – per la prima volta mi sono sentito sicuro e voglioso di muovermi».

Nello sport Mario ha trovato la sicurezza grazie all'amicizia di Bruno Sardo, a cui da quindici anni affida la sua vita in tutte le competizioni, e nella profondità del mare aperto ha scoperto la libertà. «Nel 2003 mi portò a Masua, quattro chilometri di nuoto in cui mi sentii libero e sicuro perché nuotava al mio fianco».

Da lì in poi arrivarono tante altre gare, numerose coppe e medaglie, quattro solo quest'anno, quattordici anni di traversata San Giovanni-Torregrande e l'orgoglio di aver portato nel 2005 la fiaccola olimpica. Insieme all'amico, dal 2009 condivide anche l'emozione di accompagnare San Salvatore, e di portare il simulacro di corsa.

La vita di Mario, fatta di luci e ombre, ricomincia per la terza volta nel 2016, dopo la morte della moglie, grazie ad Euclide, il labrador color miele di quattro anni con cui vive.

«Ero nel buio più completo senza lei – ricorda – potevo contare solo su qualche amico. Quando mi arrivò la chiamata per l'assegnazione del cane guida ero in cimitero. Fu un segno». Con Euclide ha ritrovato la forza di ricominciare.

«Non è stato semplice trovare un feeling con lui, ma ora siamo una cosa sola». E insieme a loro, vive anche Patty, il labrador nero che ha accompagnato Mario sino al 2013, sinché, ironia della sorte, non è diventata cieca anche lei, come il suo adorato padrone.

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