La Nuova Sardegna

Oristano

I pescatori di mare rischiano l’estinzione

di Michela Cuccu
I pescatori di mare rischiano l’estinzione

Concorrenza delle grandi barche, zone off limits e voracità dei delfini: per i proprietari di imbarcazioni sino ai 12 metri la crisi sembra irreversibile

12 dicembre 2018
3 MINUTI DI LETTURA





ORISTANO. «Può capitare che un giorno tiri su anche più di un quintale di pesce, ma che il giorno dopo le mie reti siano completamente vuote: se continua così, questi per me potrebbero essere gli ultimi cinque anni per mare»: le parole di Aldo Caddeo, 56 anni, pescatore da 39, descrivono chiaramente la crisi di un settore che, fino a poco tempo fa, era strategico per il territorio. Che la piccola pesca (il termine non inganni, perché si tratta di imbarcazioni fino ai 12 metri di lunghezza) stia affrontando enormi difficoltà si sa da tempo.

Nel Golfo di Oristano i problemi sono noti: c’è la presenza dei grandi pescherecci che arrivano dalla Sicilia e che operano oltre le 12 miglia dalla costa, facendo man bassa di tutto; poi ci sono i vincoli posti dai militari nel tratto di mare vicino al poligono di tiro interforze di Capo Frasca: sono un peso importante per la categoria, perché alle tante giornate di lavoro cancellate, vanno aggiunti anche i costi del carburante da utilizzare per allungare i percorsi. Negli ultimi dieci anni, ci si sono messi anche i delfini che, affamati, non esitano a squarciare le reti e fare scorpacciate di pesci pregiati.

Delfini che sono diventati quasi un’ossessione per gli operatori della piccola pesca che raccontano come dalla fine dell’estate alla primavera, quando la pesca all’aragosta è chiusa, gettare le reti in mare è una scommessa quasi sempre perdente. «I delfini ci sono sempre stati – racconta Aldo Caddeo – ma se fino a qualche anno fa restavano nel golfo per brevi periodi, negli ultimi anni sono diventati stanziali. È per questo che la loro presenza è diventata più massiccia e più costosa, per noi». Delfini che, intelligentissimi («se ne avessimo uno in ogni Comune, le nostre città, i nostri paesi, sarebbero sicuramente meglio amministrati», azzarda con una battuta Aldo Caddeo), seguono le imbarcazioni di cui riconoscono il rumore dei motori, aspettano che vengano calate le reti e, una volta piene, le squarciano per divorare il loro contenuto. «I delfini hanno capito che saccheggiare le reti è meno difficile che cacciare. E poi, hanno un palato sopraffino: da tempo hanno smesso di nutrirsi di pesce azzurro: preferiscono orate, spigole, sogliole e triglie», aggiunge Carlo Erdas, anche lui pescatore di lungo corso. «I danni che possono provocare sono enormi: non solo ci distruggono le reti e sono ogni anno anche 9mila euro di danni, ma devastano anche il loro contenuto, perché non si limitano a mangiare e lacerano e dilaniano i pesci». I pescatori da anni cercano una soluzione che tenga lontani i dalfini dalle reti. Ci hanno provato con i dissuasori a ultrasuoni, senza ottenere però risultati. Intanto la Regione annuncia indennizzi, ma i pescatori hanno una controproposta da fare «Non possiamo andare avanti così - conclude Aldo Caddeo -: vogliamo lavorare. Allora, si potrebbero utilizzare quelle risorse per una ricerca scientifica sui dissuasori che si svolga sul lungo periodo, coinvolgendo le Università. Noi, mettiamo a disposizione le nostre imbarcazioni».

La Sanità malata

Il buco nero dei medici di famiglia: in Sardegna ci sono 544 sedi vacanti

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative