La Nuova Sardegna

Oristano

Delitto del lago, i minorenni presentano appello

di Enrico Carta
Delitto del lago, i minorenni presentano appello

Si prepara il secondo atto del processo per l’omicidio del diciottenne di Macomer Manuel Careddu

19 ottobre 2019
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GHILARZA. Manca la data del previsto ritorno in aula. Il resto è già nero su bianco nelle molte pagine scritte dagli avvocati difensori Giancarlo Frongia e Gianfranco Siuni. Ci sono argomenti legati alla procedura, altri invece riscrivono dal punto di vista della difesa persino la ricostruzione del delitto di Manuel Careddu e soprattutto il ruolo che, all’interno del palcoscenico di morte, avrebbero recitato i vari attori. La parola premeditazione riemerge dopo i mesi passati ad attendere le motivazioni della sentenza di primo grado e poi a valutare il peso di ciascuna frase contenuta nelle pagine con cui la giudice Michela Capone aveva detto che i minorenni G.C., la ragazza del gruppo, e C.N. erano colpevoli dell’omicidio premeditato del diciottenne di Macomer e della soppressione del cadavere e per questo meritavano 16 anni di reclusione.

Il primo punto fermo sembra essere proprio questo. Nessuno dei due avvocati – del resto le prove parlano chiaramente e, per quanto tardive, le confessioni pure – mette in discussione la partecipazione dei due amici, oggi maggiorenni, al delitto avvenuto la sera dell’11 settembre del 2018. Erano a Soddì, seppure in postazioni differenti, nel terreno sulle sponde del lago Omodeo quando Manuel Careddu fu colpito alla testa prima da un colpo di piccozza poi da alcuni colpi di pala. A compiere materialmente l’assassinio fu il loro amico Christian Fodde, accompagnato dall’altro maggiorenne Riccardo Carta e proprio da C.N., mentre G.C. rimase in macchina ad aspettare che gli amici terminassero e Matteo Satta in paese a custodire i telefonini del gruppo in modo da non lasciare tracce sul luogo del delitto. Cosa G.C. pensava che si compisse? L’omicidio di Manuel Careddu come hanno ritenuto i giudici oppure una semplice lezione a suon di botte come sostengono tuttora gli avvocati dei due ragazzi, non ancora maggiorenni quando fu compiuto il delitto? E C.N. era a conoscenza delle intenzioni di Christian Fodde che avrebbe finito quello che per lui era diventato un rivale per un debito di droga e perché aveva osato mettere in discussione il suo ruolo preminente all’interno del gruppo di amici che da Manuel aveva acquistato la droga?

Sono alcuni degli aspetti su cui entrambi i legali hanno lavorato, ovviamente partendo da posizioni diverse. Gianfranco Siuni sostiene che C.N. non sapesse che si dovesse uccidere Manuel Careddu. L’interpretazione di alcune frasi intercettate nell’auto di Christian Fodde starebbe proprio a dimostrare che l’unico che davvero sapeva come sarebbe finita la storia era quest’ultimo, il quale avrebbe preso la piccozza senza essere visto dagli altri; il quale poi finì Manuel a colpi di pala; il quale ha già con sé i vestiti per cambiarsi e cancellare così ogni possibile traccia biologica.

È anche su questi aspetti che si giocherà il processo di secondo grado da cui la difesa spera di ottenere una rivisitazione della sentenza di primo grado e quindi una pena inferiore. Qui entrano in gioco altre dinamiche, legate per l’appunto alla procedura penale che verranno sottoposte all’attenzione dei giudici della sezione per i minori della Corte d’appello come la prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti o il ruolo che G.C. ebbe nella questione della soppressione del cadavere non appena fu compiuto il delitto. Condannata anche per questo, la ragazza si è sempre detta estranea a quel reato: altro aspetto che dovrà essere esaminato in aula.

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