La Nuova Sardegna

Il ritorno a casa dei sassarini

Pier Luigi Piredda
Il rientro della Brigata Sassari
Il rientro della Brigata Sassari

Il generale Veltri cede il comando. Rientrano in Sardegna i mitici Dimonios

23 aprile 2010
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ALGHERO. Quando la banda ha intonato l’inno «Dimonios» e il generale Alessandro Veltri, comandante della Brigata Sassari, è comparso all’ingresso della hall dell’aeroporto, la tantissima gente che da ore stava aspettando l’arrivo dell’aereo da Herat ha cantato insieme ai soldati. Con le lacrime agli occhi. Lacrime con le quali si sono sciolti sei mesi di trepidazione, tensione, preoccupazione e anche paura. È stata una missione dura quella in Afghanistan, forse la più dura delle tante affrontate dalla gloriosa «Sassari».

Forse per questo, insieme alle lacrime dei parenti e degli amici dei «sassarini», rientrati dopo sei mesi di impegno e sacrifici, si sono sciolti per una volta anche i formalismi delle cerimonie militari. Certo, il copione è stato rispettato, la bandiera di guerra con le medaglie d’oro al valore conquistate dai gloriosi fanti che avevano combattuto sul Carso, è passata con tutti gli onori, dopo il «Forza Paris» urlato con orgoglio dai «sassarini» che hanno accolto i commilitoni con commozione, mentre la banda intonava l’inno di Mameli.

Ma che bello vedere il generale Veltri, un comandante che per oltre 6 mesi ha guidato con equilibrio e professionalità settemila uomini nella difficilissima area Nord ovest dell’Afghanistan, ma sempre con un occhio di riguardo per i suoi «sassarini», entrare nella hall con il saluto militare e fermarsi di fronte al maresciallo Atzeni, direttore della banda della Brigata, per «strappargli» la mano con il saluto militare e stringergliela con affetto. E subito dopo, rispondere con gli applausi alla gente che lo applaudiva. E infine, arrivato di fronte alla moglie Manuela e alla figlia Laura, neanche lui non è riuscito a resistere ed è andato a abbracciarle superando il rigido protocollo militare.

E stato dolce il rientro da Herat. Anche se lungo, quasi interminabile per chi stava tornando a casa dopo sei mesi di missione e per chi aspettava di riabbracciare i propri cari dopo tanto tempo. Dietro il generale, sono entrati gli ultimi «sassarini» del 152º guidati dal colonnello Raccampo. Si sono schierati ordinatamente, in attesa del passaggio della bandiera di guerra, l’ultimo adempimento prima del sciogliete le righe. Alcuni sono corsi ad abbracciare mogli e figlioletti. Altri hanno scambiato occhiate d’intesa. Altri hanno cercato con lo sguardo tra la folla uno sguardo familiare. E nessuno è andato via da solo dall’aeroporto. Ma il momento dei saluti è arrivato dopo. Ragazze volate dalle sedie per correre ad abbracciare fidanzati e mariti, mamme rimaste sedute sulle poltroncine, vinte dall’emozione. Bambini che correvano tra le gambe dei soldati schierati per andare a cercare il babbo.

Perchè era stata lunga l’attesa. Gli ultimi «sassarini», poco meno di un centinaio, sarebbero dovuti rientrare in patria già da due giorni, ma il vulcano islandese li ha costretti a resistere ancora lontano da casa. Il viaggio da Herat è stato lunghissimo, oltre 12 ore con sosta tecnica in Qatar, anche se su un aereo, un Airbus 330 di Eurofly-Meridiana, nuovo e comodo. Anche l’arrivo ad Alghero è stato tormentato. L’aereo è atterrato poco dopo le 20, ma è stata necessaria quasi mezzora per trasferire il velivolo nella zona arrivi, trainato a motori spenti per motivi di sicurezza. Il primo a scendere, appena è stata sistemata la scaletta, è stato il colonnello Marco Mele, responsabile della comunicazione di tutto il contingente italiano in Afghanistan. Dietro di lui il generale Alessandro Veltri. Sorridente e felice. Per essere tornato a casa, ma soprattutto per aver riportato a casa tutti i «suoi» ragazzi. Forse anche per questo legame fortissimo che si è instaurato nella dura missione, il comandante della «Brigata», dopo aver salutato le autorità, è andato a prendere la moglie e la figlia ed è tornato tra i «sassarini» festeggiati dai familiari. Non c’erano più gradi, in quei momenti. Soltanto gioia. E la consapevolezza di aver onorato la «Brigata Sassari».

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