La Nuova Sardegna

Un cargo russo pieno di veleni dimenticato nei fondali di Capo Carbonara

Piero Mannironi
Un cargo russo pieno di veleni dimenticato nei fondali di Capo Carbonara

Nel 1974 il misterioso naufragio del cargo sovietico Komsomolets Kalmykii. Il relitto, trovato solo due anni fa, è stato cercato per anni da sovietici e americani. Il giallo sui soccorsi: morirono nove marinai

19 luglio 2010
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CAGLIARI. La tragedia del cargo Komsomolets Kalmykii sembra essersi smarrita nelle nebbie del tempo. Perduta nella memoria. Di quel misterioso naufragio, avvenuto il pomeriggio del 31 dicembre 1974 nel mare azzurro di Capo Carbonara e dei nove marinai sovietici annegati, oggi restano infatti solo pochi ed evanescenti brandelli di ricordi.

Ma soprattutto ci si è dimenticati del carico stivato nel cargo sovietico. Ufficialmente si parlò di 4.939 tonnellate di profilati di acciaieria e, soprattutto, di 1.735 tonnellate di idrossido di sodio al 98% (soda caustica), contenuto in fusti metallici. Insomma, una sostanza capace di provocare gravi ferite al delicato ecosistema marino di Capo Carbonara.
Ma c'è anche una parte di carico, quella che si dice fosse stivata a prua, della quale si sa poco o nulla. Qualcosa che comunque interessava molto il governo sovietico che, per circa tre anni, cercò inutilmente il relitto della Komsomolets Kalmykii nel mare di Capo Carbonara. Erano gli anni della "Guerra Fredda" e a quella nave si interessarono molto anche i servizi segreti italiani, l'intelligence americana e la Us Navy. Il relitto era però introvabile. Sembrava essere svanito nel nulla.

«Sarà finito su un fondale di almeno mille metri», dicevano negli anni Settanta gli esperti della Capitaneria di porto di Cagliari. E così la storia del cargo sovietico venne dimenticata. Fino a due anni fa, quando il relitto è stato localizzato da alcuni sub professionisti di Quartu a una profondità di 118 metri.

Il giallo dei fusti. La Komsomolets Kalmykii era arrivata a Cagliari il 19 dicembre del 1974 e, secondo la versione data dalle autorità portuali, aveva imbarcato a Macchiareddu 5.000 tonnellate di tondini di ferro e 1.700 tonnellate di soda caustica in fusti metallici. Il comandante della nave, Nikolay Sychev, aveva dichiarato di avere già in stiva 1.500 tonnellate di carico. Non è stata mai chiarita ufficialmente la natura di quel carico e dove fosse stato imbarcato. Si parlò genericamente di «ferro non lavorato». Ma la Komsomolets Kalmykii non è solo una bomba ecologica innescata. Il naufragio del cargo sovietico si porta infatti dietro una scia torbida di ombre. La nave, 5.923 tonnellate lorde di stazza, era stata costruita nei cantieri navali Zadanov. Fu varata nel 1971 e l'anno successivo entrò in servizio nella compagnia statale sovietica Azov shipping company. Era quindi una nave moderna e dotata della più sofisticata tecnologia navale dell'epoca.

Il naufragio, poi. Una sorta di buco nero. Prima di tutto la fragilità della versione ufficiale: la nave sarebbe affondata in un mare in burrasca. Una circostanza clamorosamente smentita dal bollettino meteo ufficiale che parlava di «vento di maestrale, con mare agitato valutato in forza quattro, tendente forza cinque». Insomma, non certo una burrasca e comunque una situazione sicuramente non critica per una nave di quella stazza.
Interessanti le dichiarazioni di due dei naufraghi russi, Ludmilla Zbukova e Leonid Olenik. Le uniche, tra l'altro, che è stato possibile registrare perché il resto dell'equipaggio si rifiutò di parlare sollevando lo scudo diplomatico. Disse la Zbukova: «Ho sentito alcuni fortissimi colpi, mentre la nave si inclinava paurosamente. Ricordo che mi mancava il pavimento sotto i piedi e che urlavano tutti...».

Il racconto dei naufraghi. Olenik, ingegnere elettrotecnico di trent'anni addetto alla girobussola, riferì invece: «Sono stato sbattuto con forza contro una paratia, mentre scossoni violenti facevano vibrare tutta la nave».

I due parlano di «colpi» e di «scossoni». È come se la nave fosse stata colpita da qualcosa o fosse finita contro qualcosa. Un impatto comunque fortissimo e devastante, visto che l'affondamento fu rapidissimo. Si disse che il carico si era spostato e avesse così sfondato le fiancate della Komsomolets Kalmykii, provocandone l'affondamento.

C'è poi il capitolo dei soccorsi. Davvero incomprensibile. La nave era salpata da Cagliari intorno alle 14,30 diretta al porto di Kerc, in Crimea. L'Sos venne lanciato alle 15 circa, dopo mezz'ora di navigazione. Ebbene, i soccorsi si mossero con un inspiegabile ritardo e con mezzi assolutamente inadeguati: il rimorchiatore Vigore, molto lento, uscì dal porto di Cagliari alle 17,45. Cioé quasi tre ore dopo la richiesta di soccorso. Nove dei 36 marinai della nave sovietica morirono nel mare di Capo Carbonara. Tra loro, anche il capitano Nikolay Sychev.

Per l'incredibile ritardo dei soccorsi, l'allora comandante della Capitaneia di porto di Cagliari, Bruno Sassu, nel 1980 finì sotto processo per omicidio colposo plurimo.
C'è infine il forte sospetto che intorno al relitto, diventato oggi una bomba ecologica, si sia sviluppata una sorta di spy-story: una corsa al suo recupero, ma anche una volontà di occultamento del luogo esatto in cui Komsomolets Kalmykii è finita. In questo contesto potrebbe inquadrarsi il misterioso incidente al sommergibile americano a propulsione nucleare SSN-653 Ray della classe Sturgeon, avvenuto il 20 settembre del 1977.

Dopo aver tenuto nascosto per due giorni l'incidente, il comando della VI Flotta diffuse un comunicato ufficiale nel quale si diceva che il Ray era finito «contro una montagna sottomarina di corallo» circa 60 miglia a sud di Cagliari. Si parlò genericamente di «imperizia da parte dell'equipaggio» e che comunque non si erano verificati danni al propulsore nucleare. Versione molto dubbia. Prima di tutto perché l'incidente viene collocato nel canale di Sardegna dove i fondali sono superiori ai mille metri di profondità e i sommergibili della classe Sturgeon (ma anche i successivi Los Angeles) raggiungono una profondità massima operativa di 350 metri. E poi, in quell'area non ci sono montagne sottomarine. Tanto meno di corallo.

Lo strano incidente del sommergibile Ray. Ne deriva che l'incidente è sicuramente avvenuto altrove e su fondali molto più bassi. Scavando nella storia di questo sommergibile, poi, si scopre che il Ray era il mezzo più attrezzato per lo spionaggio sottomarino (insieme al segretissimo Number one) della marina Usa. Alla fine degli anni Sessanta aveva compiuto due missioni delicatissime: aveva "rubato" dati riservatissimi da un cavo sottomarino che collegava la base della Marina russa di Vladivostock con un'altra base in Kamchatka e per primo era riuscito a fotografare il misterioso e modernissimo sommergibile sovietico della classe Yankee che faceva impazzire gli americani per la sua incredibile velocità in immersione.

Fa riflettere poi che questa unità, una delle più decorate della Marina americana, proprio nel 1977 sia stata insignita della più prestigiosa onoreficienza: la Navy expeditionary medal. Strano, proprio l'anno in cui sarebbe ufficialmente finita contro una montagna sottomarina per «l'imperizia dell'equipaggio».

Sarà solo una combinazione, ma in quel settembre del 1977 alcune unità navali sovietiche cercavano nei fondali della Sardegna meridionale il relitto della Komsomolets Kalmykii...
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