La Nuova Sardegna

Ragazza di 19 anni ha sconfitto la sindrome di Lyell

Michela Cuccu
Il sorriso. Marta Fantacci, la ragazza guarita
Il sorriso. Marta Fantacci, la ragazza guarita

Per settimane è stata in bilico tra la vita e la morte. Poi il lieto fine: Marta Fantacci, studentessa di 19 anni, ha sconfitto la sindrome di Lyell

10 aprile 2011
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ORISTANO. Sulla maglietta una scritta nel segno della speranza: «Bentornata Marta: io corro per te». Nel cuore il ricordo vivissimo di Marta Fantacci, quella giovane paziente che, per settimane fra la vita e la morte, non ha mai perso coraggio e ce l'ha fatta. Tito Sedda, oncologo del San Martino, domenica era fra i partecipenti alla mezza maratona Pischeredda-Nurachi organizzata dal Marathon Club in onore di Marta.

Marta Fantacci è una diciannovenne oristanese, studentessa in Giurisprudenza a Cagliari, anche lei atleta del Marathon Club. Tutto ha inizio poco più di un mese fa quando, dopo aver assunto un comune farmaco per il mal di testa, ha avuto una reazione allergica. Per i medici dell'ospedale Brotzu di Cagliari, che l'avevano visitata, non c'erano stati dubbi sulla diagnosi: sindrome di Lyell, malattia rara e molto grave, che determina la morte delle cellule cutanee e delle mucose, una sorta di ustione generalizzata che si è estesa sul 75% del suo corpo.

Da Cagliari la giovane era stata trasferita d'urgenza con un volo militare al Centro grandi ustionati di Cesena, dove i medici l'hanno tenuta in coma farmacologico per una settimana e assistita fino alla sua ripresa. Una bella vittoria della medicina e della volontà. Si pensi soltanto che la sindrome di Lyell procura danni speso irreversibili e i casi di mortalità vanno dal 25 all'80% a seconda dell'estensione cutanea dell'infiammazione.

Oggi Marta è tornata a casa, nella sua Oristano, ha ripreso gli studi all'università e presto potrà tornare ad allenarsi e a correre la maratona. In attesa del suo rientro in pista, domenica è stato l'oncologo Tito Sedda a correre per lei. «Ho scelto di partecipare per questa giovane atleta che è tornata alla vita dopo gli effetti collaterali legati al farmaco - ha spiegato l'oncologo - perché quasi sempre si commemora chi non ce l'ha fatta a sopravvivere a una malattia o a un trauma e troppe poche volte si dà rilievo al fatto che, invece, ce la si può fare.

Oggi Marta rappresenta tutte le persone che ce l'hanno fatta: un messaggio di speranza per chi sta lottando tra la vita e la morte o meglio per la malattia in generale. Si può guarire, si può ricominciare a vivere, anche dopo un'esperienza drammatica come questa». Marta, ancora convalescente, domenica non ha rinunciato ad assistere alla gara. Ha atteso gli atleti al traguardo per premiare i primi classificati. Insieme a da Tito Sed ha ringraziato il Marathon Club di Oristano e la sua presidente Adriana Muscas.

«Quello che vorrei dire, in particolare ai miei coetanei che attraversano momenti difficili - ha detto Marta felice e commossa - è che con la forza di volontà, con lo sforzo e l'impegno, oltre che con l'aiuto dei familiari e dei medici, ricominciare a vivere è possibile».

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