La Nuova Sardegna

Addio a Ignazio Pirastu, anima dell'inchiesta sul banditismo sardo

Una vecchia foto di Graziano Mesina, figura simbolo del banditismo sardo A sinistra Ignazio Pirastu
Una vecchia foto di Graziano Mesina, figura simbolo del banditismo sardo A sinistra Ignazio Pirastu

Fu vicepresidente della commissione parlamentare, una pietra miliare nella storia recente dell'isola

03 luglio 2011
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 ROMA. È morto venerdì notte, a 90 anni, Ignazio Pirastu, noto Nuccio, vicepresidente della commissione d'inchiesta sul banditismo, parlamentare Pci per cinque legislature. Nato a Tortolì nel 1921, esordì in Parlamento nel 1953, impegnandosi per la rinascita della Sardegna e contro le "soffocanti" servitù militari. Laurea in Storia e Filosofia, sposato con una farmacista cagliaritana (Laura Spissu) aveva due figlie. I funerali si svolgeranno domani a Roma alle 11 (Tempietto Egizio del Verano). di Giacomo Mameli Sbarcato alle 8 del mattino a Cagliari da un DC8 dell'Alitalia, Nuccio Pirastu, comunista tutto d'un pezzo, aveva preso posto sull'ammiraglia 130 nera Fiat con Giuseppe Medici, democristano doc, agronomo di spessore internazionale: aveva partecipato alla stesura del piano Marshall negli Stati Uniti. Arrivato in Prefettura a Nuoro per un incontro con gli amministratori della Barbagia tormentati da un banditismo irriducibile, ai cronisti che lo avevano avvicinato aveva detto: "Durante il viaggio il senatore Medici mi ha detto che senza modernizzare l'agricoltura e la pastorizia la criminalità sarda non sarà mai sconfitta. Il pastore non deve vivere da solo, ma stare con gli altri". Erano le 11 di venerdì 27 febbraio 1970. Anche dopo tante altre commissioni d'inchiesta, sotto l'Ortobene si metteva una pietra miliare nella storia della Sardegna, quella che nei deserti avrebbe portato le ciminiere "perché senza industria non c'è progresso. E la Sardegna ha diritto ad avere le industrie. I giovani non devono trovare il lavoro solo a Torino o a Wolksburg".  Anni di emigrazione forzata e sangue. I paesi attorno al Supramonte sconvolti da faide e sequestri di persona. La commissione Medici fu uno spartiacque: segnando una metamorfosi sociale che si respirava peraltro nelle assemblee popolari da Orotelli a Ottana, da Ghilarza a Siniscola. Assemblee che duravano oltre la mezzanotte perché la gente, disperata, invocava il lavoro. Le industrie vennero. Purtroppo furono (e sono) malgestite in un'Italia sciattona, senza competenze.  Quegli anni ribollenti Nuccio Pirastu li aveva analizzati in un libro pubblicato nel febbraio 1973 da Editori Riuniti col testo integrale dei lavori della commissione (c'erano anche i contributi di Francesco Zappa, Luigi Marras, Pietro Pala, Giovanni Battista Pitzalis e Luciano Dal Falco). Pirastu aveva individuato due livelli, "due binari quasi paralleli" ed erano "uno inferiore, occupato dalle popolazioni sarde, l'altro livello era dei dominatori, il livello dell'arbitrio, dell'imposizione". Si formò così un "processo regressivo imponente". E spiegò: "Non è un caso che i banditi più temuti e più audaci siano servi-pastori o braccianti o contadini poveri o pastori di poche decine di pecore. Tale è il caso del Fancello noto Berrìna di Dorgali e quello di Serrittu di Mamoiada". Pirastu conosceva bene i paesi, conosceva i pastori e i braccianti, li frequentava col leader Cgil degli anni'50 Tonino Mameli pedagogista di Aritzo. Nel luglio 1953 incontra i pastori di Lula. "Noi non siamo banditi, aiutateci a debellare la fame". Pirastu scrisse: "La pastorizia è Sardegna, non va eliminata, va trasformata".  Patito per le passioni della società pastorale, ma anche sportivo, in una famiglia di sportivi, di campioni di boxe e di basket. In parlamento siede accanto a Togliatti e Berlinguer. È il responsabile per lo sport di Botteghe Oscure. Consente che Adriano Panatta e Nicola Pietrangeli vadano ai mondiale di tennis nel Cile di Pinochet. Una famiglia mito in Ogliastra. Il padre Virgilio, medico, arrestato perché sospettato di curare il bandito Samuele Stochino. Negli anni'50, quando Nuccio batteva la Sardegna palmo a palmo per il Pci, la sua attività non piaceva ai governanti. Nel marzo del 1957 (ministro della Giustizia Aldo Moro) è denunciato perché guida "l'auto NU 3102 col faro destro spento e la targa non illuminata".  Nell'estate 2007 torna a Tortolì dove il sindaco Marcella Lepori gli consegna la cittadinanza onoraria. Doveva tornare tra due settimane in Sardegna, in Ogliastra. Anche per lui era "una perla del mondo".
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