La Nuova Sardegna

Situata nel territorio di Erula, è stata costruita in conci di trachite rossi

La chiesa campestre di Santa Vittoria

Salvatore Tola
La chiesa campestre di Santa Vittoria

03 settembre 2011
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Anche la regione del monte Sassu, tra Tula e Chiaramonti, è stata interessata in passato al ripopolamento a opera di contadini e allevatori provenienti dalla Corsica. L'insediamento era perciò del tipo sparso, fatto di «stazzi» come in Gallura. E come in Gallura il punto di riferimento per le famiglie, disperse in un territorio ampio, accidentato e allora anche boscoso, erano le chiese campestri.  Tra queste una delle più importanti, anche perché situata lungo la strada che collegava l'Anglona al Monte Acuto, era quella di Santa Vittoria, oggi in territorio di Erula. Tutta in conci di trachite di vari colori, ma soprattutto rossi, è situata tra gli alberi su un poggio che domina sulla piana di Perfugas, e ha vicino la casa abitata un tempo dal custode, o «eremitano», e il cimitero utilizzato in passato.  Per raggiungerla si segue dal paese la provinciale che si dirige verso Perfugas; dopo tre chilometri si apre sulla sinistra, segnata da due massi in basalto con la scritta «Santa Vittoria», una stradella che continua in discesa, per qualche centinaio di metri, sino alla chiesa.  L'attenzione degli studiosi, in particolare del linguista Mauro Maxia, si è concentrata sul monumento anche perché su una delle pietre dell'abside si legge, ad altezza d'uomo, una curiosa iscrizione incisa rozzamente, da tempo immemorabile, con un punteruolo: «Operaiu malu e fora l'eremita».  Sono poche parole, ma danno luogo a un'ampia serie di considerazioni. In primo luogo dimostrano che la diffusione della popolazione e quindi della lingua di origine corsa è stata precoce in questa regione. Per quanto riguarda il contenuto si possono fare innumerevoli supposizioni su chi - e perché, e quando - abbia voluto con questa sorta di manifesto informare passanti e pellegrini che il comportamento dell'eremitano lasciava a desiderare.
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