La Nuova Sardegna

L’antica chiesa di San Giorgio nelle campagne di Perfugas

di Salvatore Tola
L’antica chiesa di San Giorgio nelle campagne di Perfugas

PERFUGAS. Tra le chiese sparse nel territorio di Perfugas spicca, per dimensioni e pregi architettonici, quella dedicata a Giorgio, il santo patrono di Barcellona il cui culto si diffuse in Sardegna...

04 luglio 2012
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PERFUGAS. Tra le chiese sparse nel territorio di Perfugas spicca, per dimensioni e pregi architettonici, quella dedicata a Giorgio, il santo patrono di Barcellona il cui culto si diffuse in Sardegna in epoca spagnola. Dalla strada principale si imbocca la via Cavallotti, detta "Carrela de Santu Juanne", e si continua con un lungo attraversamento, tagliando una zona di nuova espansione. Dopo le ultime case resta da percorrere poco più di un chilometro lungo una stradella asfaltata. Si procede su una collina che domina la piana sottostante, rinomata per la sua fertilità; anche la chiesa vi si affaccia da un poggio, così come il vicino omonimo nuraghe: i due monumenti sono separati solo da una piccola valle. L'edificio, insolitamente ampio per una chiesa campestre, e sviluppato in senso orizzontale, si mostra con l'ampia facciata in trachite rossa, che presenta linee semplici ma anche alcuni interessanti dettagli. Colpiscono il portale, delimitato da una modanatura composita, costituita da tre colonnine affiancate; e il sovrastante rosone, d'impostazione gotica, che ha al centro una raggiera formata da dodici colonnine. Tra portale e rosone corre una modanatura, accompagnata da un fregio ad archetti; subito sotto si individuano le statue di tre santi, appoggiate su colonnine che partono dal portale: al centro è il titolare, ai lati Pietro e Paolo. Pare che l'edificio, che Renata Serra ha definito "monumento di rara coerenza stilistica", risalga ai primi del Cinquecento, quando intorno si stendeva il villaggio di Leda. Nel 1528 sopravvenne la peste, che ne determinò lo spopolamento; nei decenni successivi la zona venne di nuovo abitata, e fu allora che venne dipinto da un artista vicino per formazione al Maestro di Ozieri, e collocato nella cappella maggiore, il retablo dedicato al santo. La chiesa continuò comunque a essere frequentata, anche da pellegrini di altre contrade, e nel Seicento uno scrittore la definiva "famosissimo templo" per gran numero di miracoli che venivano attribuiti al titolare.

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