La Nuova Sardegna

Quattro rapaci feriti ritornano a volare nel parco di Padrongianus

di Alessandro Pirina
Quattro rapaci feriti ritornano a volare nel parco di Padrongianus

Dopo le cure un falco e tre poiane sono stati liberati alle porte di Olbia - FOTO

23 gennaio 2013
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OLBIA. Quando li avevano ritrovati erano feriti, sfregiati, in pessime condizioni, moribondi. I più probabilmente li avrebbero lasciati lì, in mezzo alla campagna, ad attendere una morte certa. Per fortuna, però, non tutti hanno la stessa insensibilità. Ogni tanto c’è qualche benefattore - una volta ha il volto di un agente della forestale, un’altra di un pastore, un’altra ancora di un semplice cittadino a spasso per la campagna – che le tenta tutte per mettere in salvo l’animale ferito e dargli un’altra possibilità. E questo è proprio quello che è accaduto a quattro rapaci (tre poiane e un falco pellegrino) che ieri, dopo lunghe cure veterinarie, hanno potuto riprendere il volo e riacquistare la libertà.

Il bellissimo esemplare di falco pellegrino e le tre poiane sono state fatte nuovamente volare libere nel parco fluviale del Padrongianus, alle porte di Olbia. Nei mesi scorsi i quattro uccelli erano stati ritrovati feriti all'interno del territorio provinciale. Le poiane erano state rinvenute una a Buddusò, un'altra a Budoni e la terza a Olbia, addirittura nel cortile della sede della Provincia di via Nanni. Erano tutte e tre denutrite, deboli e in pessime condizioni, non riuscivano più a volare e stavanoandando incontro a morte certa.

«Nella maggior parte dei casi le ferite derivano dai cavi elettrici e dal filo spinato delle recinzioni – ha spiegato il falconiere Massimo Pagano, che si occupa dell’allenamento al volo dei rapaci sia diurni che notturni –, ma capita anche che vengano colpiti da qualche colpo di fucile».

Due mesi fa, per esempio, nelle campagne di Azzanì, i barracelli di Loiri soccorsero un falco pellegrino con 30 pallini in corpo.

Ieri, per festeggiare la liberazione dei quattro rapaci erano presenti anche gli alunni della scuola secondaria di primo grado di San Teodoro. «Bisogna ringraziare le persone che ci aiutano a mettere in salvo gli animali feriti – si è rivolto così agli studenti il veterinario Salvatore Natalino Amadori, che collabora con l’amministrazione provinciale proprio per il recupero della fauna selvatica –. Spesso a ritrovarli sono agenti forestali, pastori, proprietari terrieri, ma anche persone che amano camminare in campagna. Li consegnano al Corpo forestale o direttamente a me, nel mio studio. Io presto agli uccelli le prime cure, poi secondo la gravità delle ferite devo inviarli al centro specializzato di recupero di animali selvatici di Bonassai, vicino a Sassari, uno dei due presenti nell’isola: l’altro è a Monastir. Li, i medici veterinari fanno di tutto per mettere in salvo l’animale ferito, con la speranza di restituirgli un giorno la libertà».

Ieri, per quattro di loro è stata la giornata del ritorno alla vita, al loro cielo. Di fronte agli occhi entusiasti dei ragazzi, il falconiere, il veterinario e gli agenti del corpo forestale Mariangela Deiosso e Sergio Ermini hanno liberato i quattro uccelli nell’oasi verde del Padrongianus. Amadori e Pagano, insieme al falco e alle poiane, hanno portato sul posto anche altri due esemplari di uccelli non ancora pronti per essere liberati. L'assiolo – in Gallura conosciuto come “cionca” – ha incuriosito, con i suoi occhi color arancio, i ragazzi, che, però, si sono anche inteneriti per un altro esemplare di falco pellegrino, costretto a stare in gabbia perché la ferita all’ala difficilmente si rimarginerà.

L’incontro con i ragazzi è anche stata l’occasione per fornire qualche numero sul recupero di animali selvatici feriti. Nel 2012 ne sono stati recuperati 300 e sono state fatte 200 liberazioni, per lo più di volatili, ma anche di rettili, soprattutto tartarughe, e di mammiferi, in particolare martore, volpi, ricci. In alcuni casi si tratta di specie alloctone importate da fuori, come le "Trachemys scripta scripta", ovvero tartarughine da acquario che, impropriamente, vengono liberate dai proprietari, diventando un pericolo per la fauna autoctona dei corsi d’acqua in quanto molto voraci e onnivore.

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