La Nuova Sardegna

Folgorato mentre ruba cavi di rame

di Gianni Bazzoni
Folgorato mentre ruba cavi di rame

Roberto Sechi, 45 anni, investito da una scossa elettrica nel lungomare. Il giovane che era con lui ha chiamato i soccorsi

11 gennaio 2014
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PORTO TORRES. Quando muori così, agli altri rimane l’ultima cosa che facevi. E non puoi neppure spiegare perché. Roberto Sechi, 45 anni, disoccupato di Porto Torres, ha chiuso gli occhi per sempre di fronte al mare che amava. È successo a Balai, nella pista ciclabile costiera, poco dopo la mezzanotte di giovedì. Andava a “caccia” di rame da ricavare dalla linea pubblica, una scossa elettrica da 380 volt l’ha sbattuto contro il muretto in pietra mentre era inginocchiato per terra, con una grossa pinza tra le mani e cercava di tagliare i cavi in tensione. L’aveva già fatto un paio di volte, poco prima. Tagliava e andava avanti. Il complice stava in alto, controllava, faceva il palo per coprire l’amico che creava le condizioni per sfilare i cavi. Ne avevano già raccolto circa 300 chili quando si è verificato l’incidente. Nella parte più bassa della pista ciclabile, Roberto Sechi ha aperto il pozzetto, ha illuminato con una torcia e ha infilato le mani per afferrare i cavi. Non si è accorto dell’acqua stagnante e quando ha stretto la pinza per tagliare è stato investito da una scossa violenta che l’ha sbattuto sul muro e poi per terra. Il volto devastato, neppure un movimento. Alessandro Bastia, 34 anni, anche lui di Porto Torres, si è reso conto della gravità della situazione ed è corso a soccorrerlo. Ha provato a rianimarlo più volte, ma senza risultato. Disperato ha chiamato il 118: «Venite alla pista ciclabile – ha detto all’operatore della centrale – un mio amico sta molto male». Le sirene, la corsa degli operatori a piedi. Il medico ha provato ripetutamente a rianimare Roberto Sechi, ma i tentativi si sono rivelati inutili. Il cuore si è fermato per sempre, folgorato da una scossa che non ha lasciato scampo. Alessandro Bastia, in lacrime, ha seguito impotente tutte le fasi dei soccorsi, fino all’arrivo dei carabinieri. Poteva scappare, tornarsene a casa e negare di essere mai stato lì quella notte terribile. Invece ha pensato prima a fare la cosa più importante, salvare la vita all’amico di sventura. Solo dopo ha capito che era tutto finito, nel modo peggiore. Con una vita spezzata di fronte al mare, dove due disoccupati seguivano il miraggio dell’ “oro rosso”. Un po’ di soldi da mettere insieme fuori dalle regole, rubando certo, ma con l’idea che quando sei in fondo alla scala e non ci sono più gradini, allora cerchi di aggrapparti anche a cose che - in condizioni di serenità e benessere - non faresti mai. Rubare per vivere, a Porto Torres succede sempre più spesso da quando sono crollati tutti i riferimenti economici e produttivi e la città è precipitata in una crisi senza precedenti. Intere famiglie senza reddito per mesi e anni, lavori saltuari che coprono a mala pena le necessità di qualche settimana.

E la crisi non è solo una parola brutta e senza speranza, è la dimensione reale in cui si muove lentamente, silenziosa e al buio una moltitudine di persone che cerca di sopravvivere. Così si può morire, come Roberto. Un ragazzone sfortunato, con mille problemi ma sempre educato e gentile. A volte su di giri per quel peso sulle spalle che ti fa uscire di testa. Non era un delinquente, e chi l’ha giudicato per l’ultima cosa che ha fatto - un furto che non ha potuto spiegare o giustificare - avrebbe fatto meglio a risparmiare le parole. Non si condannano i morti.

Chissà, Roberto Sechi potrebbe essere uno dei nuovi morti sul lavoro. Pila e tenaglia erano i suoi strumenti per la notte, il rame non era roba sua. Era dentro i cavi elettrici della pista ciclabile, un gioiello costiero ogni giorno frequentato da centinaia di persone. Deve averlo pensato come una sorta di esproprio proletario, e forse non aveva fatto caso - o magari sì - ai danni già evidenti: i fari sfondati a colpi di pietra. «Atti vandalici», si diceva. Dispetti di perditempo che preferiscono avere poca luce intorno. Invece, anche quelle, erano le spie del disagio, di una disperazione crescente. Della fame che sfugge ai termometri sociali e restituisce corpi senza vita. Uomini morti per un pezzo di rame.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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