Fotovoltaico-trappola, uno spiraglio per i clienti
Siglata un’intesa tra l’Adiconsum e la finanziaria con cui si erano indebitati Entro il 15 settembre le domande per la conciliazione. L’inchiesta va avanti
OLBIA. Con una strategia di mercato senza troppi scrupoli avevano convinto ben ottocento famiglie sarde a sottoscrivere un contratto con una finanziaria con la promessa di avere un impianto fotovoltaico a costo zero, addirittura in grado di produrre reddito, come recitavano gli slogan di lancio del prodotto.
Una speranza che si è rivelata una vera trappola, anche perché a cadere nel disegno della Teknosol sono stati spesso nuclei familiari non certo abbienti e proprio per questo attirati dall’idea di azzerare la bolletta e addirittura guadagnare dalla vendita dell’energia prodotta.
Col risultato di trovarsi indebitati e non in grado di pagare quanto sottoscritto con la finanziaria, Consum.it del Monte dei Paschi. La questione è finita da tempo sui tavoli della Procura di Cagliari (siamo ancora nella fase delle indagini).
Ma, al di là di come andrà a finire dal punto di vista giudiziario, c’è chi si mette il problema di come aiutare gli sfortunati che sono cascati nel vortice di quella che per i magistrati potrebbe essere una truffa.
È l’Adiconsum, l’associazione di consumatori che Mirko Idili, segretario provinciale della Cisl gallurese, definisce «il nostro braccio armato». Ieri nella sede olbiese del sindacato è stato fatto il punto sulla strategia studiata per aiutare le famiglie a dimezzare il debito e addirittura chi non ha ricevuto l’impianto a uscire senza spese dall’incubo. Ma i tempi sono strettissimi, occorre fare tutto entro il 15 settembre.
«Vogliamo tutelare tutte quelle persone che in buona fede hanno fatto affidamento sulla professionalità di un’azienda e che ora si trovano “cornuti e mazziati”, senza il servizio promesso e con cifre insormontabili da pagare alle finanziarie delle banche», dice Idili. Con lui Giorgio Vargiu, presidente regionale dell’Adiconsum, e Gabriele Sanna, un ingegnere energetico e nucleare esperto di fotovoltaico attraverso le cui conoscenze è stato possibile approntare un nuovo piano rispetto a quello capestro sottoscritto da tanti sardi. Vargiu spiega che si è scelta la strada della conciliazione con la Consum.it piuttosto che quella, più rischiosa, della causa in tribunale. E ha descritto cosa avevano architettato dal 2009 sino al 2013 quelli di Teknosol, azienda che fa riferimento a un cagliaritano («che però risulta solo un prestanome»): «Un giro di affari che da 20 milioni è lievitato sino a 35 a causa dell’indebitamento dei sottoscrittori – spiega – nato sotto lo slogan “Il tuo impianto fotovoltaico gratis” (peraltro sanzionato dall’Antitrust, ndr). Come hanno fatto a convincere tanta gente? Sostenevano che l’impianto si sarebbe pagato da solo con l’energia prodotta, e che anzi si sarebbe poi giunti a guadagnare da 80 a 100 mila euro. Le tecniche di vendita erano studiate per non dare termini di paragone: così si parlava ad esempio di kilowattora e non di kilowatt. Si riusciva a far credere che in 12 anni e mezzo l’operazione si sarebbe ripagata da sola». Firmando il contratto, si accedeva a una finanziaria che ogni mese richiede il pagamento di una rata che arriva fino a 350 euro, per un importo complessivo di 48mila euro. Che però nessuno riesce a colmare. Si parla anche di un caso di suicidio nell’Oristanese.
Un disastro sociale che Adiconsum sta cercando di bonificare: ha anche chiesto la sospensione del pagamento delle rate e dell’attività di recupero crediti della banca. «Ci si può anche iscrivere alla procedura di conciliazione e poi decidere di procedere in altro modo» ricorda Vargiu, ma occorre fare in fretta. Ancora troppe famiglie non hanno preso una decisione. E avverte che dopo questa esperienza ex collaboratori Teknosol hanno deciso di replicare il progetto.
Insomma, occhi aperti, ad esempio col microeolico, nuova frontiera di possibili truffe: «Prima di sottoscrivere un contratto – dice – rivolgetevi a noi o a una qualsiasi associazione che tutela i consumatori».
©RIPRODUZIONE RISERVATA