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Morta ieri a roma

Addio ad Aurelia Sordi Una vita con Albertone

Addio ad Aurelia Sordi Una vita con Albertone

ROMA. Indivisibili. Alberto e Aurelia, una vita passata insieme. Fino all'ultimo respiro. Sotto lo stesso tetto. La stessa casa. Quella villa, in via Druso, a due passi dalle Terme di Caracalla dove...

13 ottobre 2014
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ROMA. Indivisibili. Alberto e Aurelia, una vita passata insieme. Fino all'ultimo respiro. Sotto lo stesso tetto. La stessa casa. Quella villa, in via Druso, a due passi dalle Terme di Caracalla dove tutti e due, complice il destino, si sono spenti.

Una megavilla che custodisce l'intera vita dell'attore - foto, film, scritti e addirittura un teatro con platea - e che lei voleva fosse trasformata in una “casa-museo”: per questo aveva costituito un'apposita fondazione a cui è destinata la sua eredità. Un amore fraterno, quello di Aurelia e Alberto, lontano dalle luci dello star system e fatto di risate, tenerezza e tanta reciproca premura.

Lui attore, classe 1920, l'Albertone nazionale. Lei, classe 1917, sorella maggiore premurosa e così amata dal fratello tanto da farlo “scappare” da qualsiasi impegno lavorativo, mostra del cinema o ritiro di un premio, per essere presente al pranzo della domenica. «Ovunque fosse, dal Sud America a Los Angeles - racconta Paola Comin, ufficio stampa di Alberto Sordi dal 1992 al 2003 -, la domenica all'ora di pranzo Alberto voleva stare a casa con la sorella. Era un rito. E faceva di tutto per rispettarlo. Una volta prendemmo un aereo da Bilbao alle sei del mattino per poter essere in orario a Roma». Un affetto vero, particolare, unico. Fatto di tenerezza e tante premure.

Come ad esempio quelle che aveva Aurelia per l'attore e regista romano: dalla preparazione delle valigie prima di una partenza ai maritozzi con la panna fino a quelle triglie spinate e poi ricomposte nel piatto (Alberto le adorava ma odiava le spine, racconta chi li conosceva).

E l'Albertone nazionale ricambiava con pensieri e regali comprati in giro per il mondo («Questo è per Aurelia» diceva), accompagnandola nel centro di Roma quando voleva comprare un vestito e chiamandola ogni volta che scendeva dall'aereo: «Una volta andammo a Parigi - ricorda Comin - Quando arrivammo, dopo un viaggio turbolento, c'era la neve. E Alberto per non far preoccupare Aurelia le disse che era andato tutto bene e che c'era il sole. Per lei provava un affetto vero».

Il 15 giugno 2000, giorno del suo ottantesimo compleanno, Alberto la volle al suo fianco quando salì in Campidoglio per diventare sindaco di Roma per un giorno, su invito dell'allora primo cittadino della Capitale Francesco Rutelli. Una vita quindi passata insieme. Fino alla morte. «Ma è possibile morire per una bronchite?» si chiedeva Aurelia nel 2003, quando l'attore scomparve a causa di una grave malattia. Alberto le aveva nascosto il suo male per non farla preoccupare. Le sue ultime parole furono per lei, come raccontò Aurelia stessa: «È morto stringendomi la mano e dicendomi grazie».

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