La Nuova Sardegna

Un omicidio pianificato nei dettagli

Un omicidio pianificato nei dettagli

Gli inquirenti sono certi che gli assassini volevano il gesto eclatante: un blitz al centro del paese all’ora di punta

17 maggio 2015
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NUORO. Cercare gli assassini di Gianluca Monni, lo studente di 19 anni ammazzato venerdì 8 mentre era in attesa dell’autobus per andare a scuola. E capire cosa c’è dietro la scomparsa di Stefano Masala, il giovane di 28 anni di Nule, la cui auto compare nelle testimonianze di chi ha fornito indicazione agli investigatori sul fatto di sangue e poi è stata trovata bruciata (il giorno dopo il delitto) a Pattada. È questo l’intricato puzzle che i carabinieri stanno provando a comporre da giorni. In principio sembrava che l’attività investigativa avesse imboccato la strada giusta: un mucchio di indizi, storie precedenti, personaggi ben identificati, una soluzione tutto sommato vicina. Invece, con il passare delle ore, la situazione si è complicata, e non è la prima volta che succede di fronte e omicidi che sembrano avere il finale già scritto.

L’omicidio di Gianluca Monni mette insieme due paesi, Orune e Nule, perché c’è stata quella lite il 13 dicembre, in occasione di Cortes Apertas (quando la fidanzatina della vittima era stata pesantemente molestata da un minore di Nule, presente insieme ad alcuni amici). E perché c’è stato il fatto della pistola puntata contro Monni. Il ragazzino era stato disarmato, picchiato, punito severamente, insomma una lezione. Il collegamento è solido, arricchito da puntate successive, tutte dedicate alla pistola scomparsa, ai tentativi di recuperarla, alle mediazioni fallite.

Il problema è: perché arrivare a uccidere un ragazzo di 19 anni in quella maniera, in perfetto stile mafioso, nel centro del paese, davanti a testimoni? E non è vero che i presenti hanno scelto di girare la faccia dall’altra parte, che si sono iscritti nella lista degli omertosi. No, hanno avuto solo paura, hanno pensato in quel momento a salvare la vita, perché poteva succedere di tutto, anche che il killer continuasse a sparare.

Nelle ultime ore gli investigatori hanno maturato la convinzione che l’uccisione di Gianluca Monni è stata pianificata nei dettagli: l’arma, l’auto, forse anche l’evidenza di particolari per sviare le indagini. Anche i sopralluoghi, e questo la dice lunga sul livello di sfida, sulla follia di un gesto che è sicuramente opera di giovanissimi. «Non di balenti», come si diceva ieri, ma di gente che «usa le armi come farebbe maneggiando la console di un videogioco».

Un ragazzo morto e un altro scomparso nel nulla da dieci giorni: le due storie si uniscono perché ci sono elementi oggettivi che portano a una riflessione investigativa. E chi conosceva uno e l’altro, è dentro un grande contenitore dove ruotano mille valutazioni. Gli alibi contano, e se chi è sospettato è in grado di dimostrare che quel giorno e a quell’ora era da un’altra parte, allora si ricomincia dall’inizio, ma non necessariamente per cambiare percorso. Quante sono le persone coinvolte nell’omicidio dello studente di Orune? Chi ha ideato il piano e dato gli ordini? Chi ha sparato? Chi copre il commando? Le risposte stanno per arrivare, si intuisce, ma la marcia di avvicinamento alla verità è più lenta del previsto. (g.b.)

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