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Omicidio di Orune, la soluzione è vicina

di Nadia Cossu
Il luogo dell'omicidio di Gianluca Monni
Il luogo dell'omicidio di Gianluca Monni

A un mese dall’agguato mortale potrebbero esserci nuovi elementi tecnici utili per inchiodare i responsabili. Gli investigatori potrebbero essere in possesso di riscontri decisivi sui movimenti dei killer di Gianluca Monni

08 giugno 2015
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ORUNE. Gianluca Monni, 19 anni appena, è stato ucciso lo scorso 8 maggio. Ammazzato a fucilate alle sette del mattino mentre aspettava il pullman per andare a scuola, nella via principale di Orune. È passato un mese esatto da quel giorno e mentre tutto il paese si prepara a ricordare il giovane studente durante una messa che verrà celebrata oggi alle 18.30 nella chiesa di Santa Maria della Neve, le indagini su questo delitto che ha scosso la Sardegna intera potrebbero arrivare a una svolta molto presto.

Sono state settimane intense per i carabinieri che stanno lavorando su due fronti: Orune e Nule. Nel paese del Goceano, infatti, si sono concentrati da subito i primi sospetti. Un gruppo di giovani – e in particolare un diciassettenne – sono stati al centro dell’attività investigativa.

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Oggi, a distanza di un mese, l’attenzione degli inquirenti non si è spostata di un millimetro dalla pista iniziale: cioè quella che lega l’omicidio di Gianluca Monni alla scomparsa di Stefano Masala, il 28enne di Nule di cui non si hanno più notizie dalla sera del 7 maggio. La sua macchina era stata trovata il giorno dopo a Pattada, distrutta dal fuoco.

Una Opel Corsa come quella avvistata la mattina dell’omicidio a Orune, usata dagli assassini per raggiungere il paese della Barbagia e subito dopo abbandonata e incendiata. Si erano sbarazzati immediatamente dell’unico elemento che poteva renderli riconoscibili. Sicuri, forse, di poter contare su un’altra auto per la fuga dal Nuorese.

Gli investigatori a distanza di un mese potrebbero essere in possesso di riscontri decisivi, risultato di un’attività tecnica che in un primo momento non si era rivelata particolarmente interessante. Ora la ricomposizione di alcuni tasselli emersi dall’analisi di elementi investigativi tecnici potrebbe dare qualche risposta in più. Ma il riserbo è d’obbligo, come è facile immaginare.

Si attendono anche i risultati relativi alle celle telefoniche agganciate la mattina dell’omicidio dai telefoni cellulari di alcune persone sulle quali i carabinieri hanno concentrato l’attenzione. Questo potrebbe essere un altro dettaglio molto importante per ricostruire i movimenti dei principali sospettati del delitto.

Nel frattempo in questi trenta lunghi giorni sono continuati gli interrogatori. Per ore sono stati sentiti tantissimi giovani, compreso il diciassettenne che ha fornito il suo alibi: «Ero in camera mia, dormivo». Alibi confermato dalla mamma del ragazzo.

L’impressione è però che gli investigatori, nonostante gli alibi e nonostante i silenzi, abbiano le idee molto chiare su quello che è successo l’8 maggio a Orune. E la soluzione potrebbe davvero essere vicina.

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