La Nuova Sardegna

Cagliari

Don Pascal, le violenze anche prima della malattia

Mauro Lissia
Don Pascal, le violenze anche prima della malattia

Tramonta per l’ex parroco di Villamar la speranza di scampare alle accuse. Gli abusi sulle giovani vittime sarebbero iniziate prima di contrarre il Parkinson

18 giugno 2015
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CAGLIARI. Negli atti dell’inchiesta c’è la prova che don Pascal Manca metteva le mani addosso ai ragazzini della sua parrocchia anche prima del 2012, quando gli è stato diagnosticato il morbo di Parkinson. Sembra quindi sfumare per l’ex parroco di Villamar la possibilità di scampare all’accusa di violenza sessuale legandola alle alterazioni indotte dalla malattia, un morbo degenerativo che a leggere la letteratura medica induce in molti casi, legati anche all’uso di farmaci, una crescita abnorme della libido e apre la strada a comportamenti come quelli che il pm Liliana Ledda contesta al sacerdote.

Respinta dal gip Mauro Grandesso l’istanza di attenuazione della misura cautelare presentata dal difensore, l’avvocato Luigi Concas, la prospettiva giudiziaria del religioso si fa piuttosto nebulosa. Giudicato pericoloso dal gip, Pascal Manca poteva sperare di venir fuori da una vicenda a dir poco imbarazzante grazie al puntiglio col quale il suo avvocato aveva esaminato la situazione di salute e le conseguenze. Messa da parte questa possibilità non sembrano esserci strade utili perchè il prete possa riacquistare in tempi brevi la libertà. Peraltro è notizia di ieri che nella parrocchia di Villamar, dove don Manca ha officiato messa per due anni, ci sarebbe un buco di circa 12 mila euro riferito alla manca registrazione di battesimi, cresime, matrimoni e funerali.

Dove sono finiti i soldi? È presto per stabilire se questo fatto darà luogo a una nuova contestazione. Di certo il pm Ledda esaminerà anche la nuova circostanza, che sembra però del tutto esterna alla vicenda origine del provvedimento di custodia cautelare deciso dal gip.

Il parroco quarantatreenne viene definito nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Grandesso «incapace di controllare i propri impulsi sessuali». Impulsi che a leggere gli atti del procedimento sfogava sempre nello stesso modo: invitava a casa le sue vittime, invariabilmente offriva coca cola, aranciata o chinotto («l’acqua ho dimenticato di comprarla..») perché il gusto mascherava l’amaro del sedativo che usava per ridurli all’incoscienza, infine si sedeva al loro fianco sul divano e il resto è facile da immaginare. Si va dalle mani infilate sotto la maglietta, qualche volta con la scusa di spalmare un lenitivo. Ai jeans sbottonati per andare al di là delle semplici coccole paterne. Spesso i ragazzi non capivano, altre volte se la svignavano con un pretesto prima che le cose prendessero una piega sgradevole. Finora don Pascal, d’accordo col difensore, ha preferito non parlare e attendere gli sviluppi del procedimento. È rinchiuso nel carcere di Uta, dove si limita a leggere e a pregare.

I capi d’imputazione contestati dal gip Grandesso su richiesta della Procura sono tre, tutti riferiti al 609 bis aggravato: la violenza sessuale, il reato nel quale dopo la riforma sono stati accorpate tutte le fattispecie sessuali, come le molestie e gli atti di libidine.

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