La Nuova Sardegna

Muore durante la rapina

di Luigi Soriga
Muore durante la rapina

Anziano cardiopatico legato da tre banditi in casa: il suo cuore non ha retto

28 giugno 2015
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INVIATO A BENETUTTI. Il cuore ha appena cessato di battere e Pedru Maria Zarra è un fagotto rannicchiato, legato e spento. Anche il fratello e la sorella, nella stanza accanto, hanno i polsi stretti con le fascette da elettricista. I segni violacei sono ancora evidenti sulla pelle, perché la plastica è sottile ed entra nella carne. Giovanni Maria e Maria Elena Zarra, 69 anni lui 75 lei, si guardano negli occhi, mentre stanno acciambellati sul pavimento della cucina. Hanno capito che è meglio stare zitti, perché quei tre tipi incappucciati fanno sul serio. Giovanni Maria ha provato a ribellarsi, e non è stata una bella idea. Gli hanno mostrato la pistola, lo hanno picchiato e fatto stare zitto con un bavaglio. Anche il fratello più piccolo Pietro Maria, 67 anni, nell’altra stanzetta, ha provato a gridare. «Stai zitto. Mudu!», e gli hanno tappato la bocca con una camicia. Quindi in silenzio, i tre fratelli anziani, aspettano solo che tutto finisca.

Liberi. Sono le 4 del mattino e i rapinatori escono dalla casa. Giovanni Maria a fatica riesce a sollevarsi, è corpulento, e ha le mani legate. Apre un cassetto della cucina e afferra un coltello. Va dalla sorella, fa scivolare la lama in mezzo ai palmi di lei, la libera dalle fascette. Lei ricambia. Quindi vanno subito dal fratello. «Pedru Marì, come stai?». Lui non reagisce, e allora lo toccano sulla spalla, lo scuotono. Sembrava addormentato, o forse svenuto. «Pedru Marì, rispondi. Guarda che se ne sono andati».

La scoperta. Ma insistere è inutile. Dentro il petto una linea piatta. Cardiopatico, un pacemaker sostituito due mesi fa, diabetico, con evidenti difficoltà respiratorie, la vita di Pietro Maria era appesa a un filo sottile. Tre estranei che piombano come un brutto incubo alle 3 del mattino, che ti svegliano all’improvviso, hanno cappuccio nero e occhi cattivi, ti legano, e ti minacciano, sono una scossa letale che un cuore malconcio non può reggere. Pietro Maria resta acciambellato esamine sul pavimento.

Il blitz. Nella testa dei rapinatori forse un finale del genere non era scritto. Ed è anche probabile che abbiano lasciato l’abitazione al numero 13 di via Savoia con la coscienza sporca per aver rubato un collier d’oro a tre anziani indifesi. Ma non con l’anima imbrattata come quella di un assassino. Doveva essere un colpo semplice. La casa è in pieno centro, ma è relativamente isolata. Di fronte non abita nessuno, intorno qualche vecchietto che di notte non lo svegliano nemmeno le cannonate. E invece una vicina verso le tre accende la luce, va a prendere un bicchiere d’acqua. «È strano che non abbia sentito nulla – racconta – la mia finestra dà proprio sul cortile dei Zarra. Lì c’è il muretto a secco, vedete quei cantoni? Li hanno piazzati da poco, ma scavalcare è facile». I ladri sono passati dal retro, si sono tenuti alla larga da via Savoia. Prima sono entrati nel cortile, poi con un martello hanno rotto la porta finestra posteriore. Pietro Maria e Maria Elena si svegliano di colpo. Dormono nella stanza al piano terra, perché cardiopatici e scale non vanno d’accordo. Dopo l’ultimo attacco di cuore hanno preso le giuste precauzioni. All’inizio i due pensano ai soliti gatti alle prese con gli amori estivi, ma poi sentono i vetri infrangersi e cadere sul pavimento, e quando accendono la luce vedono il rapinatore spalancare la porta.

La descrizione. «Erano bassi e magri – dice Maria Elena – soprattutto il primo che è riuscito a entrare dallo scurino che è stretto così. Parlavano in sardo, “dami su inari”, e poi in italiano: “dammi i soldi”». I tre rapinatori legano gli anziani, li imbavagliano, recidono il cavo del telefono e frugano dappertutto. Contanti nemmeno l’ombra, ma trovano un collier d’oro. Si accontentano e si dileguano.

Le telecamere. Con tutta probabilità ogni sequenza della rapina è scritta dentro un hard disk. La sua testimonianza digitale potrebbe diventare un racconto preziosissimo per i carabinieri. I tre anziani avevano paura e si erano fatti installare dal nipote tecnologico tre telecamere a circuito chiuso. «Non mi importa quanto costa, basta che funzioni». E infatti il nipote, ieri mattina, per diverse ore è stato interrogato dagli inquirenti. La video sorveglianza a quanto pare era attiva, anche se manca il monitor. Ma la memoria di massa dovrebbe aver comunque acquisito le immagini. Capitava spesso che il telefono squillasse, anche a notte fonda, e che dall’altra parte della cornetta non ci fosse nessuno. A volte gli anziani sentivano anche il campanello di casa, e quando aprivano non c’era anima viva. L’anno scorso però Maria Elena, quando aveva spalancato la porta, si era trovata faccia a faccia con un uomo incappucciato. Aveva gridato, si era messa di traverso sull’uscio, e l’aveva fatto fuggire. Ecco perché una fetta della pensione era stata investita sulla sicurezza domestica.

La camicia. Ma le immagini non sono l’unica pista in mano ai carabinieri. I rapinatori hanno dimenticato anche un loro indumento usato come bavaglio. «Quella camicia per terra non è roba nostra», assicura Maria Elena. Ed è un omaggio interessante per i tecnici della scientifica.

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