La Nuova Sardegna

rapina tragica

Benetutti, morto di paura prima di essere legato dai rapinatori

di Luigi Soriga
Benetutti, morto di paura prima di essere legato dai rapinatori

Pedru Maria Zarra non aveva le fascette ai polsi: forse il suo cuore debole ha ceduto subito alla vista dei banditi

29 giugno 2015
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INVIATO A BENETUTTI. Non gli hanno legato i polsi e non l’hanno neppure imbavagliato. Pedru Maria Zarra, l’anziano di 67 anni morto durante la rapina di venerdì notte, aveva le mani libere. Al fratello Giovanni Maria i rapinatori avevano stretto le fascette da elettricista sino a lasciare i segni nella carne, e anche la sorella Maria Elena, Elenedda per tutti, non era in grado di muovere un dito. Le avevano persino chiuso la bocca utilizzando una camicia, poi dimenticata nella casa al numero 13 di via Margherita di Savoia, a Benetutti. Invece Pedru Maria alle 4 del mattino è stato ritrovato riverso sul pavimento, la bava alla bocca, ma gli arti liberi. Non è un dettaglio da poco. Potrebbe significare che non c’è stato bisogno di immobilizzarlo, perché forse il suo cuore ha ceduto subito alla paura e l’uomo si è accasciato per terra. I due fratelli, legati e seduti nella stanza accanto, non potevano vederlo. Lo hanno sentito urlare, e poi i rapinatori che lo minacciavano: “mudu, o ti ammazziamo“. Non si sa se poi lo abbiano picchiato. Sarà l’autopsia – questa mattina – a raccontare le sequenze successive. Però la voce di Pedru Maria si è spenta subito dopo le minacce dei banditi. E l’unico rumore che il fratello e la sorella sentivano dalla cucina era il rovistare tra i cassetti.

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È morto subito? L’ipotesi che il pensionato sia morto subito, e che i rapinatori fossero quantomeno consapevoli che aveva perso i sensi, è molto plausibile. È sempre rischioso lasciare libero di muoversi un ostaggio, mentre si rivolta una casa come un calzino. Certo, non si parla di un uomo agile e forte, e comunque una pistola puntata è un ottimo deterrente contro gli atti di eroismo. Ma sistemare due polsi con una fascetta e rendere innocua una persona, è operazione di 30 secondi. Perché non farla? Ed è strano che i banditi, dopo avere tagliato i cavi del telefono, lanciato per terra e schiacciato il cellulare non si siano preoccupati di legare uno degli ostaggi. Se lo scenario fosse confermato dalla autopsia, si aggraverebbe la posizione dei tre malviventi, sui quali pende già la pesante accusa di omicidio colposo.

Una vita per un collier. La vita di Pedru Maria Zarra è valsa quanto un collier d’oro e forse qualche migliaio di euro. Mentre il falegname moriva, i rapinatori svuotavano i cassetti. Ancora non si sa a quanto ammonti la refurtiva, quale sia lo scontrino per una vita spezzata. Di sicuro uno dei rapinatori ha aperto la credenza e ha tirato fuori un astuccio che conteneva una collana d’oro intrecciata. «L’avevo comprata tanti anni fa – racconta Elenedda Zarra – l’avevo pagata 600mila lire, mi piaceva, era un ricordo». Ma in un altro cassetto c’erano anche 2000 euro in contanti. Una sorta di bancomat domestico che i tre fratelli avevano allestito attingendo dalle rispettive pensioni. Un fondo cassa per far fronte alle spese vive, le bollette e gli acquisti quotidiani.

Proprio Pedru Maria era il contabile della famiglia, quello che provvedeva a tutte le incombenze. E strana coincidenza, secondo il racconto dei fratelli, i rapinatori insistevano proprio con lui per tirare subito fuori i soldi. Alla fine non si sa se quei risparmi siano stati rubati, perché la casa è ancora sotto sequestro, e non si può entrare nemmeno per prendere un cambio di biancheria, o dei medicinali. I familiari e il cugino che in questi giorni ospitano i due anziani, si sono dovuti arrangiare prestando i propri indumenti. Ed è formidabile come la famiglia ritrovi unità e sia solidale nei momenti di sofferenza. I fratelli Zarra sono lupi solitari, introversi e un po’ diffidenti verso il prossimo. Non avevano rapporti stretti neanche con i parenti. Ma in questo momento tutti sono presenti e affettuosi nei loro riguardi, il sostegno è tangibile.

Le tracce. La casa resta presidiata dai carabinieri e gli unici autorizzati ad entrare sono i tecnici della Scientifica, a caccia di impronte. Ma trovarne non sarà semplice, perché i rapinatori indossavano i guanti. Tuttavia è probabile che qualche traccia possa essere impressa nella camicia che i tre hanno dimenticato nell’abitazione. Elenedda Zarra non ha dubbi: «Quella camicia non è roba nostra. Bianca e gialla, con le righe blu. No no, cussa no è roba nostra». Quando le hanno stretto le fascette ai polsi, e soprattutto quando ha visto che picchiavano il fratello Giovanni Maria, l’anziana si è agitata e ha cominciato a gridare. In quel momento uno dei rapinatori ha tirato fuori la camicia e gliel’ha legato sulla bocca, come un bavaglio, per farla stare zitta. “Muda, o ti ammazzo“, e le ha puntato alla tempia anche una pistola. «Era grossa così», dice Elenedda Zarra. Quella camicia potrebbe condurre gli inquirenti ai suoi legittimi proprietari.

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