La Nuova Sardegna

Villasor, sequestrata mega serra fotovoltaica

di Mauro Lissia
Villasor, sequestrata mega serra fotovoltaica

Sei indagati per truffa, l’impianto doveva svolgere attività agricola ma vendeva solo l’energia all’Enel

03 luglio 2015
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CAGLIARI. Per Villasor doveva essere la svolta, la più grande serra fotovoltaica del mondo, posti di lavoro e prospettive certe di crescita. Per la Procura della Repubblica e per il nucleo investigativo del Corpo Forestale la struttura di Su Scioffu non era che una colossale truffa mirata a lucrare sugli incentivi pubblici destinati agli impianti alternativi di produzione dell’energia elettrica: poche tracce di attività agricola, il core business della Twelve Energy - costituita con un investimento di 80 milioni tra l’indiana Moser Bean Clear Energy e l’americana General Electric - era l’incasso di soldi pubblici. Tre anni e mezzo di indagini, numerose consulenze e controconsulenze tecniche, un braccio di ferro legale andato avanti per mesi e ieri la svolta: gli uomini del commissario Ugo Calledda hanno notificato ai responsabili della società indio-americana il decreto di sequestro per equivalente firmato dal gip Giuseppe Pintori su richiesta del pm Daniele Caria: saranno messi sotto chiave giudiziaria beni intestati ai sei indagati per sei milioni e 571 mila euro, la somma che costituirebbe, secondo l’accusa, il profitto ingiusto maturato dalla società nell’arco di circa quattro anni. Gli indagati sono l’ex proprietario della struttura Francesco Fanni (53 anni) di Pabillonis, titolare dell’impresa agricola omonima, l’ingegnere progettista Pier Paolo Serpi (38) di San Gavino, più il presidente, il vicepresidente e due consiglieri della Twelve, nell’ordine Jain Lalit Kumar (43 ) di Nuova Delhi, Jatin Saluja (33) di Uttar Pradesh, Marcello Spano (49) e Mariano Muscas (43) entrambi di San Gavino. Le accuse sono per tutti di concorso in truffa aggravata per indebita percezione di erogazioni pubbliche e lottizzazione abusiva. Fanni e Serpi devono rispondere anche di concorso in falso ideologico aggravato.

A leggere gli atti del procedimento - l’operazione Helios - si rischia di perdersi in un labirinto di leggi, spesso in contrasto fra loro. Nelle 35 pagine del provvedimento il gip Pintori ha cercato una difficile sintesi che alla fine da’ ragione alla Procura: passata nel 2010 dalle mani di Fanni a quelle della società indio-statunitense, la grande serra avrebbe dovuto produrre ortaggi, poi rose da taglio e da bacca. Ma conti alla mano, secondo il Corpo Forestale il profitto dell’attività agricola 2011-2013 risulta pari a zero, mentre la vendita dell’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici per 105 megawatt installati, che dovevano servire a climatizzare l’ambiente e a favorire la fotosintesi clorofilliana avrebbe portato ingenti guadagni nelle casse della Twelve: 4 milioni e mezzo per l’energia venduta al Gse (Gestore dei servizi energetici) e 15 milioni per contributi sotto forma di incentivo pubblico. Un malloppo potenziale da mettere insieme grazie - stando alle accuse - a una sequenza di carte false e di autorizzazioni aggirate, il tutto per acchiappare i soldi pubblici senza che Villasor avesse qualcosa in cambio: niente posti di lavoro, soltanto 193 ettari di terre agricole devastate e trasformate in una centrale oggi - stando alle indagini - quasi del tutto improduttiva. Risulta, come scrive il gip, solo una coltivazione di rose da bacca allo stato iniziale e dalle prospettive molto incerte, la cui redditività futura sarebbe comunque di molto inferiore a quella reale dei pannelli fotovoltaici. Ed è qui che la legge sarebbe stata violata: almeno il 70% dell’energia prodotta con la luce solare dovrebbe essere impiegata nella produzione agricola, invece viene venduta e canalizzata nella vicinissima centrale Enel. Per il gip «una speculazione» fondata sul raggiro e su norme complesse. La serra era «solo un opificio destinato alla produzione di energia elettrica» mascherato da impresa agricola.

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