La Nuova Sardegna

In Sardegna più pecore (3 milioni) e meno pastori. Sparisce la transumanza

Pecore in un allevamento
Pecore in un allevamento

Un'indagine dell'Associazione regionale allevatori: in 30 anni ovili ridotti di un terzo. Addio alla montagna: aziende più moderne e stanziate in pianura. La media di capi per allevamento è quasi raddoppiata. Installate 5mila mungitrici. Nell'ultimo decennio investite risorse comunitarie per 600 milioni di euro

14 luglio 2015
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Gli ovili sono sempre di meno. Ma aumenta il numero di pecore (in pratica ce ne sono due per ogni abitante dell'isola). E soprattutto si perde una vecchia tradizione, quella della transumanza: i pastori preferiscono rimanere in pianura.

È la metamorfosi del comparto ovino che emerge dall'indagine condotta dall'ufficio studi dell'Ara Sardegna, l'associazione regionale degli allevatori.

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Dal 1982 al 2010 ben 6mila 886 aziende pastorali sono sparite, il 35 per cento del totale. Da 19mila 555 si è passati a 12mila 669 imprese.

L'emorragia si è registrata soprattutto nel ventennio che va 1990 al 2010: sono scomparsi 7mila 97 pastori, riducendosi da 19mila 766 a 12mila 669 (36 per cento).

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Le pecore invece sono aumentate dal 1982 al 2010 di ben 656mila 664, passando da 2 milioni 371mila 709 a 3 milioni 28mila 373 (28%).

«Leggendo e incrociando i dati, soprattutto provincia per provincia, emerge come è cambiata la pastorizia negli ultimi 30 anni, ma in particolare negli ultimi 20 - dice il direttore dell'Aras Marino Contu - I pastori si sono stanziati in pianura, abbandonando la montagna e la transumanza. Sono diminuiti perché si sono professionalizzati, hanno investito nella tecnologia, si sono installate 5-6 mila mungitrici, migliorando la qualità dei prodotti e il benessere animale. Negli ultimi dieci anni infatti sono state investiti 600 milioni di euro di risorse comunitarie che hanno migliorato sensibilmente lo stato di salute dei capi, diminuendo sensibilmente la carica di cellule somatiche media degli ovini».

In questo contesto, spiega l'associazione degli allevatori, sono venuti a mancare i cosiddetti «piccoli», mentre chi ha accettato il cambiamento, in cui si sono attraversati periodi molto difficili, ha allargato il gregge.

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Nei 28 anni che vanno dal 1982 al 2010 la media di pecore per azienda è cresciuta del 97 per cento, passando da 121,3 capi a 239. La metamorfosi si coglie, come detto, leggendo i dati provinciali.

«Ci dicono che i pastori hanno deciso di stanziarsi in pianura - ribadisce il presidente dell'Aras Sandro Lasi - abbandonando la montagna, dove invece si è investito sui bovini di razze rustiche. Nel periodo preso in esame, le pecore sono cresciute del 79 per cento nel Medio Campidano (da 130mila 138 a 233mila105), del 47% a Oristano (337mila 773 a 496mila 452) e del 46% a Sassari (da 598mila 339 a 875mila 204), che ha superato Nuoro divenendo il territorio provinciale dove ci sono più pecore in assoluto».

Contemporaneamente nelle province di montagna il numero di ovini è cresciuto molto più lentamente o addirittura, come nel caso dell'Ogliastra, si è avuto un forte decremento, addirittura del 23% (da 71mila 472 a 54mila 869).

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