La Nuova Sardegna

Cannabis legale, nell’isola più sì che no

di Pier Giorgio Pinna
Cannabis legale, nell’isola più sì che no

Intese trasversali, favorevoli sette parlamentari sardi. Manconi: «No al proibizionismo» Vargiu: «Io sono liberale»

17 luglio 2015
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SASSARI. Più favorevoli che contrari. Nell’isola suscita reazioni che spaccano l’idea di legalizzare la cannabis. La proposta appena formalizzata in parlamento è promossa da sette parlamentari sardi appartenenti a gruppi politici del tutto diversi. Segno di una maggioranza trasversale. E di un’attenzione da parte dell’opinione pubblica in grado di fare profonde distinzioni. «Senza cadere nel trabocchetto delle ideologie di chi da una parte vuole la droga libera a tutti i costi e chi dall’altra non fa che battersi per un proibizionismo a oltranza in qualsiasi situazione», sostengono parecchi specialisti.

L’idea. «Va detto che l’iniziativa parlamentare, forse per la prima volta in questo campo, evita di confondere i piani del problema e regola in maniera davvero specifica tutte le situazioni», rimarcano nell’isola in tanti. Di fatto la proposta sulle canne legali prevede la possibilità per i maggiorenni di detenere una modica quantità di marijuana e di coltivare in casa sino a un massimo di 5 piantine.

Gli accordi. Finora nell’isola l’iniziativa di legge è stata sottoscritta, tra i 218 esponenti politici che l’appoggiano a Roma, da Roberto Cotti, Manuela Corda e Nicola Bianchi (M5S), Michele Piras e Luciano Uras (Sel), Pierpaolo Vargiu (Scelta civica) e Luigi Manconi, sino a oggi unico esponente del Pd.

L’assemblea. In consiglio regionale sostengono il provvedimento Irs e Rossomori: «Sperimentiamo l’antiproibizionismo» Il fronte, però, potrebbe allargarsi. Secco no da Fdi-An: «Una follia», commenta il coordinatore Salvatore Deidda. E Fi ritiene il provvedimento «inopportuno e fuori dalla realtà».

Democratici. Dice il senatore Manconi: «Ci sono due ragioni fondamentali a favore della legalizzazione. Primo: come da anni diciamo, e dimostriamo, le politiche opposte sono fallite. Secondo: la guerra alla droga negli Usa si è rovesciata nel suo opposto colpendo adesso il proibizionismo». Lo stesso ultimo rapporto della Direzionale antimafia, ricorda Luigi Manconi, «mette nero su bianco il conclamato e dichiarato tracollo delle strategie basate sulla sola repressione, indicate anzi come tali da favorire la diffusione dei traffici delle cosche». «Del resto che cosa si può pensare di diverso, visto che il consumo dei derivati della cannabis è cresciuto in maniera significativa proprio durante la vigenza di una legge repressiva come la Fini-Giovanardi? – si chiede il parlamentare dem – Dobbiamo prendere atto di questi elementi di realtà e rammentarci sempre di come negli Usa si stia passando da un’ottica variamente proibizionista alla decisione di legalizzare in numerosi Stati la cannabis ricreativa».

I dettagli. Fra le altre cose, la proposta giacente adesso nel parlamento italiano consente i «Cannabis social club» - per la coltivazione in forma associata in enti senza fini di lucro - e la vendita al dettaglio in negozi dedicati forniti di licenza dei Monopoli. Diventeranno poi più semplici le modalità di consegna, prescrizione e distribuzione dei farmaci a base del principio attivo della marijuana. Restano invece immutati il divieto di fumo in luoghi pubblici e la guida in stato di alterazione dovuta alle canne, oltre che naturalmente ad altre sostanze stupefacenti. Diffidenze e ostilità, nell’isola, da apparati investigativi che temono una nuova diffusione dello spaccio e dai settori sanitari che solitamente si occupano di tossicodipendenze, Serd e non solo, sino ai servizi psichiatrici.

Il centro. In un mondo politico dove da sempre destra e moderati sono in genere ostili a idee come queste, l’eccezione è rappresentata da Pierpaolo Vargiu, medico e presidente della commissione Sanità a Montecitorio. Il quale, dopo aver precisato di aver firmato a titolo personale la proposta di legge, chiarisce: «Io per formazione resto liberale: per cui sono convinto sia meglio regolamentare, e non lasciare nelle mani delle mafie, certe abitudini sociali diffuse». «Non mi riferisco solo alle canne, anche a fenomeni come il fumo delle sigarette, la prostituzione, il gioco d’azzardo e persino processi come l’obesità, che con diabete e ictus possono essere alla base dell’aumento di certi costi sanitari». «E dato che in tutt’Italia sono 9 milioni le persone che fanno uso di cannabis, legalizzare la situazione di pare inevitabile», sostiene l’esponente dei Riformatori sardi, in parlamento presente nella lista di Scelta Civica.

Valutazioni e stime. «A ogni modo bisogna sempre stare attenti agli stereotipi – avverte in conclusione, da sociologo, il sassarese Manconi – Dire che tutti fumano canne è una cavolata. Sostenere che lo fa un ragazzo su due, altrettanto. Così come affermare che la cannabis non fa male in età adolescenziale: io, per esempio, ho sempre sostenuto la sua pericolosità in questa fase della vita. Ma più in generale voglio dire un’altra cosa: basta con i luoghi comuni e i fronti contrapposti in astratto favorevoli-contrari: qui si tratta semplicemente di trovare una strategia vincente rispetto a questo fenomeno, esattamente come stanno facendo altri Paesi nel mondo».

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