La Nuova Sardegna

Angoscia a Capoterra «Liberate Fausto»

di Stefano Ambu
Angoscia a Capoterra «Liberate Fausto»

Dai familiari solo poche parole, per ora prevalgono il dolore e le tensioni Il silenzio nel quartiere. L’ansia del figlio Giovanni: «Va in Africa da 14 anni»

22 luglio 2015
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CAPOTERRA. È il silenzio dell’attesa quello che si respira in via Carbonia a Capoterra. Lì c’è la casa di Fausto Piano, il supervisor di sessant’anni dell’azienda Bonatti rapito domenica sera in Libia. Non si sa come e non si sa da chi: punti interrogativi che alimentano speranze da una parte e angosce dall’altra. La famiglia è chiusa in casa: in mattinata c’è un via vai ininterrotto tra parenti, stampa e carabinieri. Ma nel primo pomeriggio è come se sull’intero quartiere fosse calata una cappa che protegge le case dal mondo esterno e dal rumore: un rione che quasi non si muove e non si fa vedere per paura di disturbare.

Riserbo assoluto. Tapparelle chiuse al primo e al secondo piano. E in strada poche auto che passano davanti al numero civico 12. Una vettura si ferma: in un attimo due parenti sono già sulle scale e subito dentro casa. Un altro familiare esce in terrazza, forse per schiarirsi le idee, respirare un po’ d’aria. Ma poi rientra subito. Silenzio e prudenza suggeriti dalla Farnesina.

Le speranze. Giovanni, uno dei tre figli, di mattina scende le scale per parlare con i carabinieri. Racconta al militare all’ingresso che il padre è partito dalla Sardegna sabato scorso. E che non è certo il tipo che prende sottogamba le situazioni: conosce quei territori e quella gente da 14 anni. Il cognato non riesce a trattenere le lacrime. Un piccolo sfogo, comprensibile dopo tante ore di tensione e una notte sicuramente senza sonno. Notte e giorno senza tregua. Da quando, nella palazzina a due piani del centro alle porte di Cagliari e a pochi chilometri dalle spiagge di Nora, Pula, Santa Margherita, Chia, è arrivata la brutta notizia le ore sembrano non passare mai. Perché sono ore di angoscia.

Cortese fermezza. Moglie e figli compattissimi. E parenti che cercano di fare da scudo. Con la massima gentilezza, perché la famiglia Piano, lo dicono tutti, «è gente brava ed educata». E Fausto, continuano a ripetere, «è un gran lavoratore». Risposte cortesi, ma ferme. «Non abbiamo nuove informazioni – dice al telefono un parente che è andato a trovare la famiglia Piano e che fa da schermo – sono tutti in ansia, non hanno voglia di parlare con nessuno».

Vicini e conoscenti. Il quartiere, anche se Fausto da quasi 15 anni è spesso fuori per lavoro, conosce bene il supervisor della società Bonatti rapito in Nord Africa: è originario del paese, non è uno venuto da fuori. Lontano dalla sua Capoterra è andato solamente e sempre per lavorare. Così da 14 anni. Ma senza staccarsi mai dalla sua terra: era in Sardegna anche la settimana scorsa. È ripartito per la Libia sabato mattina. E anche il suo profilo Facebook racconta le serate estive con i familiari prima della ripartenza a Tripoli per poi raggiungere Mellitah, il luogo del rapimento.

L’amico di una vita. «L’ho visto due settimane fa – dice Gerolamo Pinna, un vicino di casa che alle elementari è stato compagno di scuola di Fausto Spano – Speriamo che tutto si risolva in fretta. Lui e la sua famiglia non meritano questa sofferenza». Tanti ricordi di Fausto: «Sempre stato una gran brava persona – racconta ancora – e la sua famiglia è come lui. Un grande lavoratore, molto attaccato alle sue origini e ai sui cari. Speriamo bene, con tutto il cuore».

Poi il silenzio. In strada ci sono solo una squadra dell’Enel al lavoro su una centralina e un muratore dall’accento romano. Sembra una normale giornata di fine luglio. Tutti a casa per proteggersi dal caldo. E invece i familiari di Fausto Piano sono chiusi dentro per aspettare un segnale, una telefonata. Con la speranza che sia davvero la chiamata giusta, quella in grado di mettere fine a questo incubo. E non si vede nessuno neanche vicino al negozio di scarpe che la moglie aveva al centro del paese. Lo ha chiuso a febbraio, proprio con l’idea di essere più libera per stare vicina a suo marito.

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