La Nuova Sardegna

Crollo alla Rotonda, 7 feriti

di Gianni Bazzoni
Crollo alla Rotonda, 7 feriti

La valanga di pietre travolge alcuni ragazzi, due sono in gravi condizioni

22 luglio 2015
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SASSARI. Come in un terremoto. Un botto, il crollo, una nuvola di polvere e le grida disperate, la gente intrappolata sotto le macerie. Sei ragazzini feriti, due sono gravi, uno è ricoverato in rianimazione, l’altro in chirurgia d’urgenza. Piccole lesioni ed escoriazioni per alcuni soccorritori che hanno scavato con le mani per portare i primi aiuti. Poteva essere una strage se solo il cedimento si fosse verificato tre giorni fa, domenica, quando i bagnanti presenti erano molti di più. Per una volta si può dire che è andata quasi bene, perché non ci sono stati morti. Ma la paura è stata tanta.

La rotonda. Succede al mare, a Platamona, la spiaggia più amata dai sassaresi: poco dopo le 13,30 va giù un pezzo della Rotonda, una barriera lunga una quindicina di metri con il carico di pietre e blocchi di trachite. Due ragazzi di 17 anni rimangono imprigionati. Sembra l’epilogo di una tragedia non annunciata, perché quel muraglione non aveva mai dato segni di cedimento. Il gruppo si è radunato lì, all’ombra, come altre volte: asciugamani distesi, battute e risate. Una giornata d’allegria che all’improvviso cambia verso.

Il crollo. Il vecchio muro costruito una sessantina d’anni fa - sotto pietre e fango, sopra i blocchi di trachite come bella facciata - poggiato sulla sabbia, probabilmente senza fondamenta, viene giù senza neppure un segnale che faccia presagire il pericolo. Due diciassettenni - Luca e Claudio - restano sotto le macerie, gli altri fanno appena in tempo a mettersi fuori dalla portata del crollo. Alcuni restano feriti ma in maniera lieve.

Allarme e paura. I bagnanti si voltano, sentono le grida e vedono la nuvola di polvere. In spiaggia, la grande spiaggia di Platamona, si diffonde la paura. Passa qualche minuto prima che si riesca a mettere a fuoco quell’immagine terribile dei due ragazzi rimasti sotto i blocchi di cemento. Di uno si vedono solo le spalle, il costume azzurro, la testa infilata sotto le pietre.

I soccorsi. Decine di chiamate ai vigili del fuoco e al 118, a polizia e carabinieri. Mentre i bagnanti iniziano a scavare a mani nude e utilizzano i pali di legno della staccionata venuta giù per fare leva e alleggerire il peso dei blocchi di cemento, alla Rotonda arrivano i soccorritori, atterra anche l’elicottero. Mani bianche e nere, scavano insieme, bastano gli sguardi quando si parlano lingue diverse per capire cosa si deve fare: lottare insieme per salvare vite umane. E forse è una banalità dire che «c’erano pure loro». Perché chi è arrivato lì l’ha fatto da solo, spinto dalla solidarietà e da un grande cuore, che non ha colore, uguale per tutti.

Il miracolo. Vigili del fuoco e poliziotti, carabinieri e gente che come divisa ha solo un costume da bagno e un cappellino. I massi vengono rimossi con cautela, per non aggiungere altri danni. Li tirano fuori, uno dopo l’altro, i due ragazzini imprigionati da quella valanga di pietre che ha fatto volare giù anche i pesanti pilastri bianchi ridipinti appena due settimane fa.

Amici. Luca e Claudio, due amici. Il primo apre gli occhi, guarda il vigile del fuoco, riesce a fare un cenno, quasi a trasmettere un messaggio: «Ci sono ancora». I capelli verso l’alto, la faccia tumefatta, la bocca piena di terra e sabbia. I medici e gli operatori del 118 infilano la barella rigida gialla, il ferito viene sistemato senza movimenti bruschi che potrebbero causare ulteriori danni. Poi lo spostamento verso la scalinata, la barella poggiata a terra e gli ultimi controlli prima del trasferimento in ospedale a Sassari. Così anche per Claudio, che riesce anche a pronunciare qualche frase rima di essere sistemato dentro l’ambulanza.

Gli altri feriti. Ci sono altri quattro minori feriti: Sebastiano, Alessio, Andrea e Giorgia (la più piccola del gruppo che ha 15 anni, gli altri sono tutti diciassettenni, sassaresi anche loro). Traumi, escoriazioni, stato di shock. E poi Mbandahie, 30 anni, del Senegal, uno dei volontari, che solo dopo avere scavato con tutte le forze si è reso conto delle ferite alle mani e la distorsione del polso, non voleva neppure farsi medicare.

Come in un film. Mamme che piangono e cercano i figli, ragazzi e ragazze che si abbracciano, altri che cercano di usare il telefonino con mani che tremano, uomini che vanno avanti e indietro, dalla spiaggia alla rotonda. Da sopra si vede il vuoto dopo il crollo. La catena umana che ha lavorato in quei minuti febbrili, che ha scavato e si è passata le pietre per eliminare il peso e costruire una speranza, ora può allentare la tensione. É il momento delle voci, delle indiscrezioni che rimbalzano. Ed è meglio non ascoltarle, perché all’inizio portano notizie che - per fortuna - non sono vere sulle condizioni dei feriti. Sul piazzale della rotonda ci sono ambulanze, auto di polizia, carabinieri, vigili urbani e capitaneria di porto, mezzi dei vigili del fuoco. L’apparato del soccorso ha funzionato bene, l’ennesima conferma della professionalità di chi lavora - tra mille difficoltà e con poche risorse - per aiutare gli altri.

Le indagini. I rilievi sono stati eseguiti dagli investigatori della squadra mobile (con gli specialisti della Scientifica) che si occupano delle indagini. L’area interessata dal crollo è stata messa sotto sequestro, la Rotonda sgomberata dalle auto. Anche una porzione della spiaggia (per otto metri verso il mare) è stata interdetta su disposizione del magistrato Cristina Carunchio, titolare dell’inchiesta. Il provvedimento è stato notificato ai Comuni di Sassari e Sorso le cui competenze si incontrano proprio nella Rotonda sul mare. Comincia l’accertamento delle responsabilità.

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